ROMA. In Sierra Leone il virus Ebola si fa ancora più temibile: l'epidemia si sta infatti spostando dalle zone più interne verso le aree urbane, inclusa la capitale Freetown, dove è in netto aumento il numero di casi confermati.
A segnalare questo dato «allarmante» è Giovanni Putoto, medico specializzato in malattie tropicali appena rientrato nel Paese africano con la ong 'Medici con l'Africa Cuamm': «Ciò è molto preoccupante - avverte - perchè con la maggiore concentrazione di popolazione aumentano i contatti diretti e, dunque, la facilità di trasmissione del virus».
Impegnato nel distretto di Pujehun - dove i medici del Cuamm gestiscono un presidio sanitario per la salute materno-infantile e lavorano anche nella struttura di isolamento approntata per i casi sospetti di Ebola, Putoto è il responsabile programmazione interventi sanitari dell'associazione. Il «quadro che abbiamo di fronte - racconta - sta cambiando: a fronte di un numero di
casi pressochè costante nelle zone-focolaio al confine con la Liberia, ora il virus si sta spostando verso ovest, cioè verso le aree urbane. Ciò non va sottovalutato perchè nelle città il rischio contagio aumenta, anche se nel Paese non vi è un solo distretto dove Ebola non sia presente».
Ed i numeri lo confermano: «Si stanno registrando - afferma - circa 300-350
nuovi casi certificati alla settimana; di questi, la metà sono localizzati nelle aree urbane, in netto aumento rispetto a poche settimane fa». La situazione sul campo è grave: «Abbiamo bisogno di medicinali, siringhe, camici monouso, ma gli aiuti arrivano parzialmente perchè il porto e l'aeroporto di Freetown di fatto sono quasi isolati, nonostante gli appelli di Onu e Oms a non sospendere le comunicazioni con i Paesi colpiti. Ad esempio, solo due compagnie aeree, una belga ed una del Marocco, arrivano in Sierra Leone».
Dall'altro lato, però, si iniziano a vedere gli effetti delle misure di controllo 'in partenza sollecitate dall'Ue: «All'aeroporto di Freetown, presidiato dall'esercito, i controlli sono stati rafforzati: le persone - spiega Putoto - vengono schedate, fotografate e devono compilare un questionario dettagliato. Inoltre la temperature dei passeggeri viene misurata con dispositivi laser all'entrata e all'imbarco in aereo». Insomma, le autorità stanno cercando in tutti i modi di limitare 'l'area di azionè del virus.
Ma in un contesto di estrema emergenza, ci sono anche storie di speranza:
«Forte è il problema dei bambini resi orfani da Ebola ma vi sono anche casi che ci spingono a sperare e sorridere. Proprio nel nostro presidio abbiamo curato una bimba di 4 anni. Senza medicinali particolari, ma solo con le terapie di supporto, la piccola è guarita da Ebola ma è rimasta sola, perchè la famiglia diretta è stata annientata dal virus. Ora la piccola è in un istituto di Freetown e le autorità sanitarie stanno cercando di contattare altri membri della famiglia per poter restituire la bimba al suo villaggio».
Ed in questo momento, racconta il medico, «sono al lavoro con Mohammed: ha 22 anni ed anche lui è guarito da Ebola dopo le terapie di supporto, però, invece di tornare al villaggio, ha deciso di rimanere qui, nel nostro presidio, per aiutare gli altri malati di Ebola». Mohammed e tutti gli altri sopravvissuti al virus, afferma Putoto, «sono per noi e per la gente del posto dei veri e propri 'ambasciatori
di speranzà».
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