BEIRUT. L'Italia e l'Europa sono esposti a "rischi rilevanti" a causa della "pressione militare" dello Stato islamico in Iraq e Siria (Isis): è l'allarme lanciato dal Consiglio supremo di Difesa riunitosi al Quirinale nel giorno in cui il presidente americano Barack Obama si appresta a confrontarsi via telefono con i principali leader europei, tra cui il premier Matteo Renzi, sulle emergenze dell'Isis e dell'Ebola. "È quindi necessario che l'Italia, insieme a Nazioni Unite e Unione Europea, consideri con estrema attenzione gli eventi in corso ed eserciti ogni possibile sforzo per prevenire, in particolare, l'ulteriore destabilizzazione della Libia", sottolinea il Consiglio supremo della Difesa, che mette in guardia anche sulla minaccia rappresentata dai cosiddetti foreign fighters. Una minaccia che "rende evidente l'esigenza di uno sforzo integrato e senza soluzione di continuità, sia sul fronte informativo sia su quello esecutivo, da parte dei dispositivi di sicurezza esterna e interna nazionali e internazionali". Sottolineando l'esigenza di una rapida trasformazione delle Forze Armate, per renderle "più pronte ed efficaci", il Consiglio supremo della Difesa rimarca che "il solo sforzo nazionale non potrà essere sufficiente a garantire l'Italia, come ciascuno degli altri Paesi europei, dalle minacce e dai rischi che si prospettano già nel breve termine". All'indomani dell'incontro a Washington dei comandanti militari dei 22 Paesi della Coalizione anti-Isis, l'aviazione di questa variegata piattaforma - che partecipa all'operazione che da oggi ha il nome 'Determinazione assoluta' - ha intensificato i raid contro postazioni dello Stato islamico attorno a Kobane/Ayn Arab, la cittadina siriana a maggioranza curda assediata da un mese dalle forze jihadiste. Secondo informazioni non verificabili sul terreno e diffuse dall'Osservatorio siriano per i diritti umani in Siria (Ondus), le milizie curde sono riuscite a riprendere alcune postazioni ai margini della cittadina. Non si hanno notizie aggiornate di vittime militari o civili negli intensi scontri che proseguono da quattro settimane. Sulla questione dell'ingresso di combattenti curdo-turchi dalla Turchia verso Kobane, il premier turco Ahmet Davutoglu ha stasera risposto al presidente francese François Hollande, che aveva invocato l'apertura di un corridoio a sostegno della "resistenza" curda: solo i siriani possono tornare a combattere a Kobane ma non combattenti di altre nazionalità, ha ribadito Davutoglu. La guerra in Siria e in Iraq continua su vari fronti e tra diversi attori: l'Isis ha oggi circondato una base militare dell'esercito iracheno ad Amiriya, a ovest di Baghdad, a soli 40 chilometri dalla capitale. E al confine orientale della regione di al Anbar sono accorsi alcuni consiglieri militari Usa a sostegno delle truppe governative e delle tribù locali cooptate dagli Stati Uniti. Dall'altra parte della frontiera, nella regione orientale siriana di Dayr az Zor, ricca di risorse energetiche, lo Stato islamico è invece impegnato in maniera inedita dall'attacco delle forze di Damasco, che nel capoluogo orientale hanno per oltre un anno lasciato che l'Isis svolgesse indisturbato l'opera di contro-insurrezione delle milizie locali anti-regime. Queste hanno invece ripreso vigore negli ultimi giorni a nord di Aleppo, dove resistono alla morsa congiunta dell'Isis da est e delle forze lealiste siriane, da sud, sostenute dai jihadisti sciiti libanesi Hezbollah e dai Pasdaran iraniani. Altri jihadisti, ma sunniti e filippini, sono tornati oggi sotto i riflettori della cronaca in concomitanza con la diffusione di un nuovo drammatico appello di uno dei due tedeschi rapiti dal gruppo islamico Abu Sayyaf, che ha riconosciuto l'autorità dell'Isis. Il 73enne ostaggio Stefan Okonek, fatto prigioniero ad aprile scorso assieme alla moglie 55enne Henrike Dielen e per la cui liberazione il gruppo filippino chiede quattro milioni di euro, ha raccontato che i miliziani hanno già preparato la fossa e gliela hanno mostrata, in vista della scadenza dell'ultimatum dopodomani 17 ottobre.