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Mondo in marcia per il clima, oltre 310 mila a New York

A manifestare Ban Ki Moon, in tee-shirt «Climate Action», a braccetto con il sindaco Bill De Blasio e l'ex vicepresidente Al Gore. Leonardo DiCaprio ha sfilato con i leader dei popoli indigeni del Canada

NEW YORK. In una Manhattan umida e grigia, come la Los Angeles postmoderna di Bladerunner, oltre 300 mila persone hanno suonato l'allarme per il global warming: prima un minuto di silenzio per le vittime del climate change, poi a distesa suonerie di cellulari e vuvuzele, fischietti e tamburi, voci spiegate e bande musicali, gli shofar delle sinagoghe e le campane delle chiese. La rabbia della gente è scesa in piazza per svegliare chi governa dall'apatia: «Leader, ascoltateci: il clima è una priorità della politica», ha detto l'attore e attivista anti-fracking Mark Ruffalo. «Non c'è un pianeta B».

Un corteo di ben oltre le centomila persone previste inizialmente, con Ban Ki Moon in tee-shirt «Climate Action» a braccetto con il sindaco Bill De Blasio e l'ex vicepresidente Al Gore. I ministri degli Esteri di Francia Laurent Fabius e dell'Ambiente Segolene Royal, per Italia il collega Gian Luca Galletti, impegnato su «impegni vincolanti» sulle emissioni di Co2.

Leonardo DiCaprio ha marciato con i leader dei popoli indigeni del Canada. Leader sindacali, studenti, «verdi», minatori di carbone del Kentucky e vittime di Sandy e Katrina, scienziati in camice bianco, nonni e nipotini: «Almeno 310 mila persone», secondo gli organizzatori, hanno bloccato il centro di Manhattan per spingere i governi ad agire in difesa del clima. L'estate 2014, hanno annunciato la scorsa settimana i metereologi della National Oceanic and Atmospheric Administration, è stata la più calda della storia con l'anno in corso che rischia di diventare il più caldo di sempre.

A due giorni dal vertice convocato da Ban al Palazzo di Vetro, la marcia di New York è stata la protesta più imponente mai organizzata contro il cambiamento climatico, e solo una di 2.700 manifestazioni che si sono svolte in 162 Paesi del globo, da New Delhi a Melbourne, da Johannesburg al Colosseo di Roma dove un migliaio di manifestanti, con la presidente della Camera Laura Boldrini, hanno creato un «cuore» verde fotografato con un drone dal cielo. Sotto la pioggia di Rio e sotto il sole di Londra: all'ombra del Big Ben un serpentone di 40 mila con Emma Thompson, Peter Gabriel e Vivienne Westwood si è fatto portavoce della frustrazione della gente. Anche a New York, con le bande musicali, i carri allegorici trainati a biodiesel, i girasoli di carta, l'atmosfera era di festa ma il messaggio a tinte cupe: «Celebriamo la vita e il pianeta per mostrare cosa vogliamo difendere», ha detto Leslie Cagan, coordinatrice logistica della Peoplès Climate March: «Lo spirito umano è in pericolo». De Blasio ha annunciato misure concrete. Migliorando gli standard di efficienza energetica in tutti gli edifici pubblici la Grande Mela diminuirà dell'80% rispetto al 2005 le emissioni di gas serra entro il 2050 in linea con i target del Palazzo di Vetro.

«Per New York il global warming è stata un'astrazione fino a due anni fa», ha spiegato il sindaco alludendo all'uragano Sandy, ai suoi 44 morti e 19 miliardi di danni: «Agire è un imperativo morale». Lo stesso imperativo per cui Ban, che ci crede, ha convocato martedì i leader della Terra al Palazzo di Vetro. Leit motiv del vertice saranno le partnership tra pubblico e privato in vista di un accordo globale sul clima nel 2015 a Parigi. Ma la vigilia è caratterizzata da scetticismo: la cancelliere tedesca Angela Merkel, il presidente cinese Xi Jinping e il nuovo premier indiano Narendra Modi sono tra i «grandi assenti». E anzichè mostrare unità, la giornata del summit potrebbe diventare il palcoscenico di antiche divisioni tra ricchi e poveri del mondo: le stesse che fino ad oggi hanno impedito la messa in atto di azioni concrete.

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