L'oro nero sta portando alla distruzione dei territori dell'Iraq e della Siria. Il nuovo petrostato nel cuore del Medioriente è l'Isis che, stando alle informazioni, controllerebbe quasi il 60 per cento dei campi petroliferi delle province orientali della Siria insieme a diversi giacimenti e due raffinerie in Iraq. La milizia di estremisti sunniti ha conquistato così gran parte dei due Paesi e si serve del business del petrolio per edificare il Califfato islamico che ha già sottratto allo Stato iracheno 130 miliardi di dollari.
Secondo il Dipartimento di Stato, prima della presa di Mosul i miliziani rastrellavano 12 milioni di dollari in un mese grazie ad attività illegali. Gli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi hanno messo le mani su parte delle risorse agricole e idriche irachene, si finanziano con estorsioni e rapine ma è il contrabbando di oro nero a farne una potenza economica. L’Isis, infatti, riesce a commercializzare greggio sul mercato nero attraverso confini nazionali che non esistono più e a fare quello che di solito fanno gli Stati: pagare gli stipendi, amministrare intere città e garantire le forniture elettriche.