Tra caldo, siccità e maltempo, l'Italia è costretta ancora una volta a far fronte al cambiamento climatico: la torrida estate lascia a secco fiumi e laghi, con il Po che - ammettono gli esperti - «non esiste più» almeno nella sua accezione di «grande fiume» d’Italia. E c'è un altro allarme che desta grande preoccupazione: sulla costiera romagnola, in piena stagione estiva, è stata vietata temporaneamente la balneazione in 28 punti per il superamento dei limiti della presenza del batterio escherichia coli. Si tratta del territorio di Goro, nel tratto di Pinarella di Cervia e in 26 tratti del Riminese. Il divieto per il rischio di valori fuori norma è consueto nelle 24 ore successive alle piogge, perché vengono aperti gli sforatori a mare. Qui però, data la perdurante siccità, il fenomeno resta senza spiegazione. Stamane alcuni esperti, anche alla luce di analoghi episodi verificatisi nelle ultime settimane in altri mari d’Italia, hanno avanzato l’«ipotesi dell’anomalo innalzamento della temperatura dell’acqua del mare durante questa estate eccezionalmente calda, concausa - affermano - di uno squilibrio organico che porterebbe al superamento dei valori indicati dalla norma». La situazione è «anomala» per Arpae secondo la quale «le ipotesi possibili sono rappresentante da un insieme di eccezionali condizioni meteorologiche che, sommandosi, possono aver avuto un effetto particolarmente impattante sulla composizione delle acque marine». I campionamenti sono in corso e hanno già dato qualche responso positivo, tanto che 6 zone di mare, nell’area di Rimini, Cervia e Bellaria-Igea Marina sono rientrate nei limiti normativi. Il comune di Rimini, però, ha messo a disposizione le proprie analisi che non rivelerebbero alcun superamento dei limiti di legge. Quanto al maltempo, a preoccupare è anche la situazione nel Bresciano, con diversi comuni dell’Alta Val Camonica alle prese con torrenti straripati e bombe d’acqua «disastrose», come le ha definite il sindaco di Niardo, uno dei centri più colpiti dalle piogge torrenziali insieme con Braone. Oltre a quello di Niardo, anche il comune di Braone e Niardo è stato evacuato e gli abitanti accolti in una palestra e in un oratorio. Tre persone sono rimaste ferite, con alcune strade rimaste chiuse per tutta la notte. «È come l’alluvione del 1987, quando morirono cinque persone», le parole dei cittadini che già dalla mattina si sono organizzati per spalare il fango nelle strade. «È uguale ad allora: un’ora di acqua ha fatto questo disastro. Tremava tutto, venivano giù i sassi», racconta un residente. Sul fronte orientale del Paese, invece, continua a bruciare il Carso. Oggi si sono accesi nuovi focolai, con il sindaco di di Savogna d’Isonzo (Gorizia) costretto a firmare un’ordinanza per l'evacuazione dell’intera frazione della frazione di San Michele. La situazione, avverte la Protezione Civile, è destinata a peggiorare ancora. Sul fronte siccità, invece, a preoccupare maggiormente, dunque, è il Po la cui portata - spiega l’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche - «è vicina alla drammatica soglia psicologica dei 100 metri cubi al secondo». Contestualmente, poi, la risalita del cuneo salino sfiora i 40 chilometri dalla foce del Po di Goro durante l’alta marea. «Nel Nord Italia - spiega il presidente di Anbi, Francesco Vincenzi - è una condizione di siccità finora sconosciuta ed è evidente che non basterà qualche temporale a riportare in equilibrio il bilancio idrico». «Il bilancio idroclimatico, calcolato da inizio ottobre, è ovunque sensibilmente inferiore alle medie - spiega l'autorità Distrettuale del Po -, tra i più bassi degli ultimi 60 anni, e l’acqua disponibile nei terreni è ormai esaurita». In Veneto, la società Viacqua, che gestisce il servizio idrico di Vicenza e di buona parte della provincia, ha chiesto il razionamento dell’acqua a 20 comuni. E proprio oggi la conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera all’intesa sul decreto ministeriale che per la prima volta garantisce 45 milioni di euro per la progettazione di infrastrutture irrigue in ambito nazionale.