Perché mangiamo i dolci? Di certo non per fame, visto che arrivano alla fine del pranzo o della cena della Festa. Ma che Natale sarebbe, soprattutto nella nostra Isola, senza questo finale spettacolare come un gioco d’artificio? È soprattutto durante le ricorrenze più importanti come il 25 Dicembre, il Carnevale e la Pasqua che la gastronomia siciliana dà davvero il massimo grazie ad alcuni piatti che oramai rientrano a pieno titolo nella tradizione culinaria italiana e probabilmente mondiale.
La dolceria siciliana, infatti, vanta innumerevoli ricette che si sono evolute col passare degli anni e che hanno arricchito notevolmente la tradizione culinaria isolana e che meritatamente hanno reso celebre la sua gastronomia. Parliamo dei cannoli, della cassata (di cui parleremo più avanti in queste pagine), del buccellato e di tante altre leccornie.
Le influenze delle dominazioni straniere vissute dalla Sicilia sono evidentissime in questo settore gastronomico. È grazie agli Arabi, ad esempio, che la Sicilia ha conosciuto alcune colture che col tempo diventeranno indispensabili per la cucina isolana, colture come quella del sesamo, della cannella e dello zucchero raffinato. È sempre grazie agli Arabi che sono state elaborate delle pietanze-simbolo della Sicilia come la già citata cassata o l’arancina. Probabilmente è proprio la dolceria siciliana che meglio di ogni altro aspetto della gastronomia rappresenta il clima allegro e di rinnovamento della festa. I dolci preparati a dicembre e per Natale, per esempio, assumono varie forme e richiedono l’utilizzo di svariati ingredienti, elementi che rientrano nella simbologia propria della ricorrenza che essi aiutano a celebrare. Il buccellato, ad esempio, trionfa su tutto grazie al suo ripieno accattivante. Per non parlare del gustoso torrone.
Tra dolciumi e brindisi ecco che si entra ormai nel vivo delle feste. È cominciato il conto alla rovescia verso il Natale e si moltiplicano le riunioni in famiglia e le serate tra amici. E bar e pasticcerie, ma anche pizzerie e panifici marciano a pieno regime tra cannoli e cassate da un lato, pizza e sfincioni dall’altro.
Come accennato, il dolce natalizio siciliano più noto è il buccellato; parole simili (cuddura, cucciddatu) sono usate in Sicilia per indicare molti cibi diversi; hanno grande varietà di sapori, forme e denominazioni che variano da paese a paese, ma hanno tutti in comune due caratteristiche: essere dolci e rotondi.
Etimologicamente infatti tutte queste parole derivano da kollura, che oltre ad essere un comune cognome siciliano, in greco significa tuttora “ciambella”. A Caltagirone per esempio sono proposti in quattro versioni: pistacchi, mandorle, vin cotto e miele; e cucciddata, con molta disinvoltura tradotto in colorelle, che sono sempre decorate, cioè pizzicate con una particolare pinzetta. A Caltagirone c’è ancora chi le fa a casa, e sono dei veri capolavori; altrettanto elaborati sono i grandi panarieddi con uova sode che si vedono in qualche panificio in tempo di Pasqua.
Stesso discorso a Palermo dove il buccellato ha antichissime tradizioni. È quindi uno dei dolci simbolo del Natale, ma ormai viene consumato durante tutto l’anno con tante varianti che si vanno ad aggiungere a pasta frolla e fichi secchi. Il suo interno, infatti, è ricco di ogni ben di Dio: fichi secchi, mandorle, noci, nocciole, cioccolato e pistacchi. Inoltre, il connubio con aromi come il limone, l’arancia, la cannella, la vaniglia e il miele tributa a questo dolce il posto d’onore.
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