Cresce la platea di consumatori digitali che utilizzano soluzioni di Open Banking in Italia, con un tasso di successo nell’accesso ai dati dei conti correnti che nel primo semestre dell’anno aumenta complessivamente di 1,7 punti percentuali, raggiungendo quota 49,2%. Una maggiore fiducia che è dimostrata anche dal progressivo aumento delle quote della clientela meno giovane, come gli appartenenti alla Generazione X e i Baby Boomers. Si riduce anche la quota di profili ad alto rischio. Queste alcune delle evidenze del market outlook realizzato da CRIF sull’Open Banking in Italia, realizzato in concomitanza del Tomorrow Speaks, l’evento annuale di CRIF dedicato all’evoluzione del settore finanziario.
La ricerca delinea le peculiarità dell’Open Banking nel nostro Paese, analizzando il profilo e le caratteristiche degli utenti, i loro bisogni, attitudini creditizie e abitudini di pagamento. Il campione rappresentativo alla base dello studio è di circa 180.000 controparti e quasi 240.000 conti correnti, con circa 74 milioni di transazioni, estratto dai servizi di account aggregation di CRIF che sin dal 2019 opera con AISP (Account Information Service Provider) al fianco dei player finanziari nazionali e internazionali.
L’analisi è stata condotta utilizzando l’indicatore sintetico di rischiosità creditizia basato sui dati del Sistema di Informazioni Creditizie (SIC) di CRIF, che aggrega la probabilità di default prospettica delle controparti in tre aree di rischio (Alto, Medio, Basso). L’analisi CRIF evidenzia inoltre una significativa disparità di rischio tra utenti che autenticano l’accesso con un conto corrente principale e quelli che utilizzano conti secondari. I clienti associati a conti secondari presentano un profilo di rischio peggiore del 57% rispetto a chi collega un conto principale.
Ciò sottolinea l’importanza di identificare e classificare la tipologia di conto corrente utilizzato per garantire una valutazione del rischio accurata e completa. Solo i dati provenienti da conti principali, caratterizzati da transazioni recenti e accrediti regolari, offrono un’immagine precisa del comportamento finanziario dell’utente e possono essere utilizzati efficacemente nei processi decisionali.
A partire dal 2025, con la versione finale del Regolamento europeo FIDA (Financial Data Access), che prevede l’accesso regolamentato per tutti i servizi finanziari, entreremo nell’era dell’Open Finance. L’Open Finance guarda oltre l’Open Banking, prevedendo la condivisione e l’accesso a un numero ancora maggiore di dati e prodotti bancari tramite API. In particolare, si propone di ampliare ulteriormente l’accesso ai dati finanziari, superando i confini dell’Open Banking e abbracciando un’ampia gamma di prodotti e servizi, tra cui: credito, mutui, risparmi, pensioni, tasse, assicurazioni, investimenti. Attraverso la condivisione sicura di questi dati, l’Open Finance mira a creare un ecosistema finanziario più integrato e collaborativo, dove clienti, banche, istituzioni finanziarie e nuovi attori (come i FISP, ovvero i Fornitori di Servizi di Informazioni Finanziarie) possono interagire. “L’implementazione dell’Open Finance dovrà affrontare le stesse sfide che, ad oggi, hanno in parte frenato la diffusione dell’Open Banking, in particolare: garantire la sicurezza e la privacy dei dati; definire standard comuni e armonizzati a livello nazionale e internazionale; promuovere l’educazione finanziaria dei consumatori; gestire i rischi associati all’aumento della concorrenza“, spiega Antonio Deledda, Executive Director di CRIF.
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