Come ogni anno, il 28 luglio ricorre la giornata mondiale dell’epatite, promossa dall'Organizzazione mondiale della sanità per la diffusione di informazioni utili alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura delle epatiti croniche virali.
In Italia, le epatiti croniche virali hanno rappresentato per molti anni la principale causa di epatopatia cronica e di cirrosi nella popolazione generale; il recente sviluppo di terapie antivirali efficaci nell’eliminare (epatite C; HCV) o sopprimere (epatite B; HBV) i virus responsabili di queste malattie ha permesso di ridurre progressivamente l’incidenza di cirrosi e delle sue complicanze cliniche (tumore del fegato e insufficienza d’organo), inclusa la necessità di trapianto. Nonostante i progressi della ricerca, la battaglia contro le epatiti non è vinta. Dopo la notevole flessione dovuta alla pandemia, le infezioni sono risalite e c’ è ancora molto da fare per percorrere l’ultimo miglio necessario per l’eliminazione dell’infezione dal nostro Paese entro il 2030 come indicato dall’Oms. Per questo serve una collaborazione tra diversi attori in campo, dai diversi specialisti coinvolti alle istituzioni. In Italia nel 2023 sono aumentati leggermente i casi di epatite A (267), B (153) ed E (58), mentre sono risultati in calo quelli di Epatite C (51). Lo affermano i dati del bollettino del Sistema di Sorveglianza Seieva (Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute) coordinato dall’Istituto superiore di sanità.
Le epatiti sono causate da 5 diversi virus (A, B, C, D e E) e si manifestano come un’infiammazione del fegato che può portare a conseguenze anche gravi, come la cirrosi, la fibrosi e il cancro. Nella maggioranza dei casi esse sono di origine virale, ma in alcune occasioni il contagio può avvenire a causa di malattie autoimmuni, oppure per via sessuale e attraverso sangue infetto, o ancora per l’abuso di alcool e sostanze stupefacenti. L’Oms stima che ogni anno più di un milione di persone muoiono di epatite B e C che nell’80% dei casi sono responsabili di conseguenze gravi come il cancro al fegato e proprio su questi due particolari virus si vuole richiamare l’attenzione di governi e società civile affinché si attivino per misure preventive efficaci e immediate.
Prevenire l’infezione è infatti il primo dei messaggi chiave della campagna, insieme a ricorrere all’impiego di iniezioni sicure; vaccinarsi; fare i test per rilevare la presenza della malattia e richiedere i trattamenti. È fondamentale innanzi tutto conoscere i rischi legati all’infezione: l’Oms ribadisce la necessità per tutti i servizi sanitari di utilizzare solo materiale sterile per le iniezioni e le altre procedure mediche, di testare le donazioni di sangue per verificare che non sia infetto e di promuovere l’uso del vaccino contro l'epatite B. A questo proposito, l’Organizzazione ha rilasciato una linea guida specifica sulla prevenzione e trattamento dei pazienti affetti da epatite B cronica, sull’esempio di quanto realizzato l’anno prima con il documento analogo su screening e terapia per l’epatite C. E non è un caso, inoltre, che la data del 28 luglio sia stata scelta proprio in onore del compleanno di Baruch Blumberg, biochimico statunitense scomparso nel 2011, insignito del premio Nobel per aver scoperto il virus dell'epatite B e sviluppato il primo vaccino.
Se si pensa poi che ogni anno un milione di persone muoiono e circa 2 milioni sono i pazienti che contraggono l’infezione a causa di iniezioni non sicure, la strategia più razionale dovrebbe prevedere, oltre all’impiego di siringhe appositamente realizzate per impedirne il riuso, anche il ricorso a medicinali da somministrare per via orale, laddove possibile.
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