L’Italia dell’agroalimentare non ha da invidiare alcunché a nessun paese al mondo, forte delle sue produzioni tipiche diverse a livello regionale, delle sue biodiversità e della sua cucina famosa in tutti i continenti. Ma certamente è questo un comparto da valorizzare ulteriormente parlando di made in Italy: troppe infatti le imitazioni dei prodotti italiani, dal parmigiano al prosecco, che stanno inquinando molti mercati, danneggiando il nostro export. Ma entriamo nel dettaglio. La filiera dell’ortofrutta, settore strategico dell’agroalimentare italiano, ha chiuso il 2023 con una produzione di 24 milioni di tonnellate su una superficie di 1,3 milioni di ettari, grazie al lavoro di 300 mila aziende. Il tutto per un fatturato alla fase agricola che ha superato i 16 miliardi di euro, mentre il peso dell’agroindustria è di 10 miliardi di euro. Sono i dati Ismea a fotografare il settore al centro della 41/ma edizione del Macfrut al Rimini Expo Centre in programma dall’8 al 10 maggio, dai numeri record. Ci saranno, infatti, 1.400 espositori in rappresentanza dell’intera filiera (+22%), il 40% sarà estero in un’area espositiva di 34mila metri quadrati netti (+20%). Nel 2023 gli introiti derivanti dalle esportazioni di ortofrutta fresca è di 5,7 miliardi che, insieme a quelle delle conserve ammonta a 11,6 miliardi. Quanto al saldo della bilancia commerciale degli ortofrutticoli freschi si è chiuso in maniera positiva a 550 milioni di euro, anche se in flessione rispetto al 2022 (620 milioni di euro). Il peso dell’intera filiera dal campo alla tavola vale circa tre volte la produzione per un valore che si aggira sui 50 miliardi di euro. Sul fronte dei consumi, sempre secondo i dati Ismea, però si è registrata una contrazione in quantità degli acquisti. Il biennio 2020-2021 caratterizzato dalla pandemia, aveva restituito qualche speranza circa l’aumento del consumo, ma il progressivo ritorno alla vita fuori casa ha determinato nel 2023 una battuta d’arresto degli acquisti. Ma come sta in salute il comparto agroalimentare? E’ un settore prioritario e centrale per la nostra economia, motore di un interscambio con l’estero notevolissimo. Un esempio? L’export agroalimentare italiano verso la Cina si attesta a 579 milioni (con +4,1% nel 2023). Per la manodopera e l’occupazione è pure un settore strategico. Con una considerazione: c’è fino al 50% di manodopera straniera dietro al made in Italy agroalimentare anche se i dati ufficiali parlano di immigrati occupati nel settore che arrivano a quasi 362.000 alla fine del 2022, e coprono il 31,7% delle giornate di lavoro registrate. C’è un esercito però ancora di «invisibili» in Italia nonostante il contributo attivo alle produzioni di eccellenza italiane nell’agroalimentare, settore che nel 2023 ha superato 600 miliardi di fatturato e 64 miliardi di export. È il quadro che emerge dal rapporto sui lavoratori immigrati nell’agroalimentare ‘Made in Immigritaly. Terre, colture, culture’ commissionato dalla Fai-Cisl, e realizzato dal Centro Studi Confronti che in oltre 500 pagine fotografa il settore. Infine le ultime battaglie del settore sono tutte a tutela del made in Italy. «L’obbligo dell’indicazione d’origine va reso obbligatorio in tutti gli stati membri Ue, in modo che i consumatori abbiano, ovunque, evidenza compiuta di quello che acquistano. Altrimenti si tratta di concorrenza sleale, che si traduce in mancanza di reddito economico per i nostri agricoltori e mette a rischio l’incalcolabile valore e ruolo della nostra biodiversità agroalimentare»: così sintetizza il tema il presidente di Coldiretti Ettore Prandini.
La Sicilia in cima ai desideri
La Sicilia è la meta enogastronomica preferita dagli italiani, secondo i dati del Rapporto 2023 sul Turismo enogastronomico italiano, a cura di Roberta Garibaldi. Il 35% degli italiani intervistati ha infatti dichiarato di voler visitare la Sicilia in un prossimo viaggio alla scoperta dei sapori locali. Un trend che si rafforza nel tempo. E nel 2024 saranno 12 milioni i turisti del vino, un dato che segna un incremento del 20% circa rispetto allo scorso anno ma che ha prospettive di crescita incredibili se si pensa che l’Italia può vantare più di 500 vini certificati dal Barolo al Chianti, dal Marsala al Prosecco. A stimarlo è un’indagine congiunta di Cna Turismo e Commercio e di Cna Agroalimentare. Un’indagine che fotografa esclusivamente i turisti, vale a dire quanti non si limitano a una gita fuori porta ma pernottano perlomeno una notte fuori casa in strutture alberghiere o extra-alberghiere. Per due terzi abbondanti gli enoturisti saranno italiani, per il resto stranieri. Un dato che fa ben sperare anche la Sicilia presente al Vinitaly di questi giorni con ben 139 cantine. Tra i vacanzieri provenienti dall’estero si prevede una predominanza di turisti che arrivano dagli Stati Uniti d’America, seguiti da tedeschi, britannici, svizzeri, olandesi, austriaci. In crescita anche gli appassionati che giungeranno da Asia, Oceania e America del Sud. Secondo l’indagine, l’enoturista è per lo più un vacanziere di fascia medio-alta che oltre alla spesa diretta per il viaggio acquista prodotti (vino e specialità enogastronomiche) per sé e la propria famiglia e spende in regalistica diretta o tramite voucher più del turista generico medio.