«Vedremo il risultato delle elezioni in Italia, ma se le cose andranno in una situazione difficile, come nel caso di Polonia e Ungheria, abbiamo gli strumenti». In un «domanda e risposta» alla Princeton University organizzato a margine dell’Assemblea Generale Onu, Ursula von der Leyen non ha potuto esimersi dal soffermarsi sulle elezioni del 25 settembre. Dopo la Svezia, l’Italia potrebbe diventare il secondo Paese, alla vigilia di un inverno cruciale per il Vecchio Continente, ad avere al governo formazioni di ispirazione sovranista.
«Il mio approccio è che noi lavoriamo con qualunque governo democratico sia disposto a lavorare con noi», ha sottolineato comunque la numero uno dell’esecutivo europeo. Parole che interpretano il «wait and see» con cui a Palazzo Berlaymont si guarda ad un possibile governo guidato da Giorgia Meloni. A Bruxelles, secondo la prassi, si dà un peso relativo a quanto viene detto in campagna elettorale nei singoli Paesi membri. Contano gli atti. Conta l’atteggiamento collaborativo con cui i leader si siedono al Consiglio europeo.
«È interessante - ha ricordato non a caso Von der Leyen - vedere la dinamica dei lavori del Consiglio Europeo, non c'è solo un Paese che arriva e dice “voglio, voglio, voglio”. All’improvviso sei nel Consiglio e realizzi che il tuo futuro, e il tuo benessere, dipendono anche dagli altri 26 Stati membri. So che a volte siamo lenti e che parliamo molto, ma anche questo è il bello della democrazia. Dunque vedremo come vanno queste elezioni: anche le persone, a cui i governi devono rispondere, giocano un ruolo importante. La democrazia ha bisogno di tutti voi, è un costante lavoro in corso, non finisce mai. Non è mai al sicuro», ha spiegato la presidente della Commissione alla platea americana che la incalzava sul sistema di garanzie che ha a disposizione l’Unione. Un sistema che von der Leyen ha sottolineato facendo riferimento a due Paesi come Polonia e Ungheria, entrambi nel mirino - il secondo, soprattutto, dall’inizio della guerra in Ucraina - sulla questione dello Stato di diritto.
E gli strumenti «legali» citati dalla presidente sono quelli, ad esempio, del meccanismo di condizionalità ex articolo 7 che di fatto blocca il sì al Pnrr dell’Ungheria finché non saranno rispettati i parametri richiesti in fatto di indipendenza della giustizia e anti-corruzione. «La Commissione è il guardiano dei Trattati. Li deve proteggere e difendere e ha gli strumenti legali per farlo», ha continuato von der Leyen senza soffermarsi oltre sull'Italia. E da qui ai prossimi giorni difficilmente tornerà a esporsi. «Wait and see», quindi. Con un assioma che a Bruxelles non fanno che ripetere sin dall’inizio della guerra in Ucraina: mai come ora, serve l’unità dell’Europa.
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