«In Sicilia il Pd non ha più consenso neppure tra i suoi militanti, usa Caterina Chinnici per recuperare un po’ di credibilità e non per costruire un’alternativa progressista. È un partito che non ha argomenti di sinistra ormai da anni, del resto quando il segretario Anthony Barbagallo parla di “alto tradimento” del M5s usa un linguaggio di destra. Siamo progressisti noi che difendiamo il reddito di cittadinanza o lo è il Pd con le sue politiche inesistenti?».
A parlare così degli ex alleati è il candidato alla presidenza della Regione siciliana per il M5s, Nuccio Di Paola.
Nessun pentimento per avere rotto l’alleanza dopo le primarie. Anzi. «A Chinnici avevamo chiesto di essere la candidata super partes e non solo del Pd - afferma Di Paola -. Le recenti critiche di Claudio Fava che ha minacciato di correre solo per la lista perché escluso dagli appuntamenti con la candidata confermano quello che abbiamo sempre temuto fin dall’inizio del rapporto con il Pd».
La separazione, spiega Di Paola, «si è consumata per una serie di fattori politici, noi abbiamo provato fino all’ultimo a mantenere la linea, ma il Pd si è dimostrato inaffidabile: mentre facevamo le primarie in Sicilia loro facevano gli accordi sotto traccia con Di Maio e con Calenda, che poi li ha pure mollati». E la questione degli “impresentabili” è stata solo la punta dell’iceberg.
«È stata Chinnici a chiedere ai partiti di non mettere in lista persone con indagini - sostiene Di Paola - Il Pd per giorni è stato in silenzio e ha cercato di scaricare sul M5s la questione, ma noi l’asticella della legalità l’abbiamo sempre mantenuta altissima. Il problema era solo loro». E «quando abbiamo capito che non c’erano le condizioni per stare insieme abbiamo detto che era meglio separarsi; è accaduto quello che succede nelle coppie quando il rapporto è logoro c’è chi lo riconosce e chi tenta fino all’ultimo di mantenerlo promettendo che cambierà». E «la prova che non c’era nulla di premeditato», per Di Paola, è stata la scelta di Conte di candidare lui e non Barbara Floridia, che era arrivata seconda alle primarie.
«Siamo un movimento serio, da noi vige la regola che non ci si può candidare in due posti differenti - afferma Di Paola - Floridia aveva optato per ricandidarsi alle politiche, questo dimostra che il M5s non aveva premeditato la rottura col Pd». Nonostante la partita sia difficile, Di Paola scommette su un gran risultato per il M5s.
«Il centrodestra ha cinque liste a sostegno di Schifani che rappresenta la vecchia politica, noi ne abbiamo una alla regionali e una alle politiche - dice - Abbiamo novanta candidati che stanno girando la Sicilia in lungo e in largo, riscuotendo consenso e fiducia. Alla gente parliamo con i fatti e spieghiamo il nostro programma, che è concreto. Io ho 40 anni e non 70 come altri: non ne faccio una questione anagrafica ma di approccio con la realtà e con i problemi reali delle persone».
Il programma
Tanti i punti del programma, Di Paola ne indica alcuni come prioritari in caso di elezione: ritiro dell’evidenza pubblica farlocca per i due termovalorizzatori e realizzazione di impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti da parte delle Srr nei territori; togliere la sanità dalle grinfie della politica creando una o più Asp ma ridisegnandone la mappa, «che oggi coincide con i collegi elettorali per cui le nomine di direttori generali, sanitari e amministrative sono nelle mani dei politici di turno»; un fondo di rotazione alimentato dalla Regione con i risparmi sui tagli agli affitti pubblici per dare incentivi sul fotovoltaico dando così a imprese e famiglie la possibilità di abbattere i costi dell’energia, difesa del reddito di cittadinanza «che - afferma Di Paola - in Sicilia riguarda 650 mila persone, grazie al quale si riversa sul territorio un miliardo di euro di gettito all’anno e senza il quale durante la pandemia sarebbe stato un disastro».
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