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Nuovi nomi e vecchie tasse

Nella migliore delle ipotesi la legge di stabilità è poco ambiziosa. Ma possiamo anche definirla confusa. In ogni caso non è vero che riduce le tasse. Il trionfalismo manifestato da componenti ben precise del governo e della maggioranza è fuori luogo. Non è ambiziosa perché non fa passi avanti sul risanamento.
Se le previsioni saranno confermate (e non c’è garanzia) il rapporto fra deficit e Pil resterà inchiodato in prossimità del 3%. È confusa perché prevede interventi per 11,6 miliardi con una copertura di 8,6 miliardi. Il resto è tutto da trovare e sarà il Parlamento a decidere: una delega che apre le porte al consueto assalto alla diligenza. Non a caso si parla già di un aumento delle sigarette. L’evergreen di tutti i governi quando non sanno che cosa fare. È assolutamente falso che non ci siano ritocchi alle tasse. Le manovre sulle pensioni come le chiamiamo? E il gioco delle tre carte su detrazioni e deduzioni? Almeno Monti era stato lineare: aveva annunciato una riduzione direttamente sull’Irpef. Poi, in Parlamento, è andata com’è andata ma almeno l’intervento aveva il pregio della chiarezza.
L’operazione sul cuneo fiscale di Letta sarà identica a quella di Prodi nel 2007: irrilevante. Una decina di euro in busta paga non serviranno a migliorare il tenore di vita dei lavoratori né a rilanciare la domanda. Tanto più che, sull’altro fronte, aumentano le tasse destinate ai Comuni. Hanno nomi strani e non separano l’imposta sulla proprietà da quella che finanzia i servizi. A noi interessa solo una cosa: dalla loro combinazione pagheremo di più o di meno rispetto all’Imu di cui, con grandi proclami, è stata dichiarata l’abolizione? Sicuramente di più. Ma sarà difficile capire visto che la segmentazione dei ruoli sarà tale da alzare un gran polverone.
I tagli sono i grandi assenti. La sanità è stata salvata perché, come al solito, non si deve fare macelleria sociale e il diritto alla salute è sacro. Ipocrisia allo stato puro, demagogia, populismo. Come se non fosse a tutti noto che all’interno del sistema sanitario nazionale si annidano sprechi, clientelismi e reati. Roberto Formigoni a Milano è stato costretto a uscire di scena perché sospettato di coinvolgimenti proibiti con ospedali e medici. Ottaviano Del Turco è finito in galera perché accusato di aver preso mazzette da una casa di cura. Perfino Niki Vendola è stato sfiorato dal sospetto. E allora di che cosa stiamo parlando? In Sicilia è bastato rifare una gara per arrivare ad un risparmio del 50%. Scandaloso. Le Regioni si sono opposte ai tagli sostenendo che nuove riduzioni avrebbero compromesso la qualità del servizio. Ma quando mai. Avrebbero solo rovinato qualche clientela. Ma il governo non ha avuto la forza di intervenire. Né con l’accetta e nemmeno con il bisturi. Tanto il conto verrà consegnato ai contribuenti.
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