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La benzina? Si può liberalizzare

Pasqua è alle porte e il prezzo della benzina sale. Un copione che si ripete con frequenza: in prossimità di ogni grande esodo il pennino del distributore s'impenna. E così la verde torna a superare quota 1,40 euro al litro facendo scattare l'ira dei consumatori perché come al solito comanda il doppio binario: prezzi rapidi in salita (quando si apprezza il petrolio) e troppo lenti a scendere quando il greggio fa retromarcia.  Normali movimenti di mercato? Qualcosa non torna. È vero, infatti, che il barile di greggio ha raggiunto la punta di 83 dollari . Tuttavia si tratta di oscillazioni minime dal momento che da settimane ormai il prezzo si aggira su questi livelli. Né si può dire che ci sia pressione della domanda. A febbraio i consumi sono calati del 7.9% rispetto ad un anno prima. In termini assoluti vuol dire un taglio di 62 mila tonnellate.  L'Unione petrolifera si scherma dietro motivi tecnici per spiegare i continui ritocchi: «I prezzi della benzina in Italia», spiegano «si sono mossi assolutamente in linea con quelli internazionali». Polemica finita? Neppure per idea. C'è chi si è preso la briga di contabilizzare quanto potrebbe pesare questo ritocco sul bilancio familiare: secondo le stime gli automobilisti, per costi diretti ed indiretti, continuano a pagare 180 euro annui in più. Senza dimenticare che il confronto con il prezzo medio europeo vede l'Italia gravata da un rincaro fra tre e quattro centesimi rispetto agli altri Paesi.  Gli interventi di autorità non servono a nulla. Le convocazioni al ministero dell'Industria si sono rivelate un fallimento. Non parliamo degli incontri presso gli uffici del garante sui prezzi. Un vero disastro. E allora? Allora non resta che spingere ancora sulla liberalizzazione e sulla riduzione dei punti vendita. Secondo gli ultimi dati del ministero ci sono almeno seimila chioschi in tutta Italia che potrebbero essere chiusi. Si tratta della vecchia proposta contenuta nel decreto Bersani che punta a rompere il vincolo dell'orario e a trasformare gli impianti in tanti supermarket. Sono passati quattro anni ma non è successo nulla. Tanto meno c'è stata la rottura degli orari e delle definizioni commerciali. I distributori di benzina continuano a vendere solo carburante e attività collegate. Per non parlare dell'alleanza tra petrolieri e grande distribuzione. Gli impianti aperti nei centri commerciali si contano sulle dita di una mano e sono concentrati soprattutto a nord. Quasi impossibile trovare un distributore di metano nonostante la diffusione delle vetture alimentate a gas. In tutta Palermo ce n'è uno soltanto. In queste condizioni è davvero difficile parlare di concorrenza.

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