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Trump stoppa i dazi reciproci, pausa immediata di 90 giorni. Restano in vigore solo per la Cina

epa12020719 A trader works at the Opening Bell on the floor of the New York Stock Exchange in New York, New York, USA, 09 April 2025. World financial markets are continuing to react to reciprocal tariffs that US President Donald Trump implemented on 02 April. EPA/JUSTIN LANE

Con una mossa a sorpresa che appare un vero e proprio dietrofront, Donald Trump ha annunciato su Truth che sospende immediatamente e per tre mesi, nel giorno  della loro entrata in vigore, i dazi reciproci a tutti i Paesi che hanno manifestato l’intenzione di negoziare, mantenendo però per tutti la tariffa base del 10%. Punita invece per aver reagito la Cina, contro cui scattano dazi sino al 125% dopo che il Dragone aveva annunciato, a sua volta, tariffe dell’84% sul made in Usa. Una mossa, quella del tycoon, che fa volare la Borsa di New York dopo una lunga altalena.

Il presidente sembra aver ceduto alle crescenti pressioni dei ceo di Wall Street e della Silicon Valley, dei suoi donatori e di molti repubblicani, nonché al crollo dei mercati finanziari. Aggravato dall’allarme sui bond americani, che aveva sollevato l'interrogativo se restassero ancora un paradiso sicuro. I 90 giorni consentiranno di trattare senza che i dazi mandino in tilt i mercati, anche se continua a pesare lo scontro tra le due maggiori economie mondiali: gli Usa e la Cina.

Eppure fino a ieri sera The Donald aveva ostentato tracotanza usando parole offensive e sprezzanti alla cena del Grand Old Party per rassicurare i repubblicani sull'efficacia dei suoi dazi: «Vi assicuro che almeno 70 Paesi mi stanno chiamando per baciarmi il culo, muoiono dalla voglia di raggiungere un accordo», aveva detto. «Per favore, per favore signore, fate un accordo. Farò qualsiasi cosa, signore», aveva proseguito, imitando un leader straniero supplicante. «So dannatamente bene quello che sto facendo», aveva quindi garantito, continuando a difendere la sua guerra commerciale ma poi smentendosi il giorno dopo. «Non vogliamo necessariamente fare un accordo con loro.

Siamo contenti di stare così, incassando i nostri 2 miliardi di dollari al giorno» dai dazi, aveva spiegato Trump lanciando l'ennesimo messaggio contrastante con le precedenti aperture negoziali, sue e dei suoi ministri. In effetti, secondo Politico, molti governi stranieri che hanno manifestato interesse per un dialogo sono ancora in attesa di una risposta. E lo stesso premier israeliano Benyamin Netanyahu, primo e unico leader straniero finora ricevuto, è tornato a mani vuote dopo aver promesso di cancellare il deficit commerciale del suo Paese con gli Usa. Il tycoon aveva perfino rincarato la sua offensiva, preannunciando a breve «dazi importanti» sui prodotti farmaceutici per riportare la produzione in Usa e abbassare i prezzi: la mossa avrebbe effetti
negativi anche per l’Italia, che ha un importante settore farmaceutico ed esporta molto in Usa.

L’intervento di Trump alla cena di partito mirava a disinnescare la crescente fronda interna sulle tariffe e anche sul bilancio, con i falchi del rigore fiscale pronti a bloccare il disegno di legge del Senato per i troppo esigui tagli alla spesa pubblica. Oggi, prima della svolta, il presidente ha tentato anche di rassicurare Wall Street: «State sereni! Andrà tutto per il meglio. Gli Usa saranno più grandi e migliori che mai! Questo è un ottimo momento per comprare!!!», ha scritto su Truth. Il suo segretario al Tesoro, Scott Bessent, aveva lanciato due messaggi molto chiari. Il primo è che «Wall Street si è arricchita più che mai e può continuare a crescere e ad avere successo, ma per i prossimi quattro anni l’obiettivo del presidente Trump è concentrarsi sull'economia reale. È il turno
di Main Street», ossia dei piccoli investitori, delle piccole e medie aziende. Il secondo è che allinearsi con la Cina sul commercio è «come tagliarsi la gola», ossia darsi la zappa sui piedi, perché Pechino non fa altro che «produrre e produrre» e «inondare» i mercati globali abbassando i prezzi.

Un avviso all’Ue, che oggi ha votato le sue contromisure contro la guerra dei dazi di Trump. Ma anche alla Spagna, il cui premier Pedro Sánchez sta volando a Pechino.

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