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In Sicilia 62mila lavoratori irregolari nel settore agricolo, solo 49 ispettori in tutta l'Isola per controllare le aziende

Caporalato - Foto archivio

Su 280 mila lavoratori irregolari in tutti i settori, quasi 62 mila sono le lavoratrici e i lavoratori irregolari nel campo dell’agricoltura; e di questi, 47 mila sono italiani e 14 mila stranieri. Lo sfruttamento del lavoro e il caporalato, soprattutto in agricoltura, sono fenomeni ancora assai diffusi in Sicilia: 52 le aree interessate nell’Isola, soprattutto nel Ragusano. Al sud è concentrato anche il numero più alto di inchieste per sfruttamento: 252 i casi rilevati su 432 a livello nazionale, tra il 2011 e il 2023. Alla Puglia (99 casi di sfruttamento), segue la Sicilia (62 casi). Sono alcuni dei dati della campagna SiciliaSfruttaZero.

Si tratta di una piattaforma creata da associazioni e sindacato: Penelope, Coordinamento solidarietà sociale ets, Flai Cgil Sicilia, Centro studi Pio La Torre, Legacoop Sicilia, rete Fattorie sociali Sicilia e Arci Sicilia per promuovere e far conoscere una serie di azioni per combattere il caporalato, tutelare i lavoratori ma soprattutto creare le condizioni minime di accesso per garantire i diritti di lavoratori e lavoratrici, e un riequilibrio dei rapporti di forza fra mondo produttivo, assetto istituzionale e lavoratori sfruttati.

L’Ispettorato del lavoro regionale può contare soltanto su 49 ispettori per controllare ogni azienda in tutta l’isola, di fatto ogni realtà potrebbe ricevere un’ispezione soltanto ogni 25 anni. Tra le proposte in piattaforma, la creazione di Stp sociali, con la sperimentazione di un titolo di accesso ai servizi sociali di base per i migranti irregolari presenti sul territorio; un «codice giallo», procedura d’urgenza per le indagini giudiziarie su casi di sfruttamento e riduzione in schiavitù, che preveda tempi certi per il rilascio del nullaosta al permesso di soggiorno da parte della Procura; reddito di emersione per il migrante vittima di sfruttamento, nel tempo che corre tra identificazione e rilascio del permesso di soggiorno; un patto per l’emersione e l’inclusione sociale, diritto di accesso per il migrante vittima di sfruttamento.

Alle richieste se ne aggiungono altre sul lavoro agricolo di qualità, l’incontro trasparente tra domanda e offerta, e l’incentivazione dell’iscrizione alla rete del lavoro agricolo di qualità. Infine, sono richiesti incentivi alla responsabilità di impresa, un marchio etico, azioni per l’integrazione linguistica, per lo sviluppo dell’autoimprenditorialità e la creazione di un microcredito: tutti incentivi e azioni che possano rendere il lavoratore migrante, libero di investire sul proprio lavoro e trarne un reddito sufficiente.

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