Bonus da 100 euro ai lavoratori a basso reddito, incentivi per assumere giovani e donne soprattutto al Sud, stretta sulla politica di coesione, 1,2 miliardi per rilanciare Bagnoli. È un pacchetto corposo e variegato quello approvato dal governo per andare incontro ai lavoratori alla vigilia della loro festa. Il bonus più atteso e più costoso per le casse dello Stato, rinviato la scorsa settimana proprio per verificare le coperture, è l’indennità di 100 euro ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo sotto i 28 mila euro e con almeno un figlio a carico. Sarà «erogato attraverso i sostituti d’imposta nel 2025», perché nel 2024 il governo ha già utilizzato tutte le risorse per fare i primi 13 decreti legislativi attuativi della delega, ha spiegato il viceministro dell’Economia Maurizio Leo. Assicurando anche che si tratta di una misura temporanea «perché l’obiettivo è la detassazione delle tredicesime, come dice la legge delega». Mentre il primo obiettivo del 2025 resta il consolidamento delle tre aliquote Irpef, «per venire incontro al ceto medio» che è quello «in maggior sofferenza».
Oltre al decreto legislativo sul fisco, il governo ha approvato il dl coesione, che contiene le misure per il lavoro. C’è il bonus giovani, che assicura sgravi contributivi al 100% per due anni (nel limite massimo di 500 euro mensili), per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani con età inferiore a 35 anni e, nelle regioni della Zona Economica Speciale unica del Mezzogiorno, anche agli over 35 disoccupati da almeno ventiquattro mesi. C’è anche un bonus donne in favore delle lavoratrici svantaggiate, con lo stesso tipo di esonero contributivo al 100% per due anni (nel limite di 650 euro mensili) per ciascuna lavoratrice assunta a tempo indeterminato. Il bonus si applica alle donne di qualsiasi età, con un trattamento di maggior favore per le residenti nel Mezzogiorno. C’è poi il bonus Zes, che dà lo stesso sgravio a chi assume nel Mezzogiorno in aziende fino a 15 dipendenti. Gli esoneri contributivi al 100%, per tre anni, arrivano anche per favorire l’autoimprenditorialità e le libere professioni nei settori strategici per lo sviluppo di nuove tecnologie e la transizione al digitale ed ecologica.
Con il dl coesione arriva soprattutto l’attesa riforma dei fondi strutturali che punta a superare le storiche difficoltà che l’Italia ha nella spesa dei fondi Ue. «Per la programmazione 2021-2027 gli impegni e le spese sono quasi pari a zero quindi l’obiettivo è rimettere in moto risorse pari a 43 miliardi di risorse europee ai quali si aggiungono risorse nazionali di cofinanziamento per un importo complessivo di 75 miliardi», ha detto il ministro degli Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnrr, Raffaele Fitto. La riforma, ha spiegato, «crea le condizioni perché i diversi fondi (coesione, Fsc e Pnrr, ndr) dialoghino e diventino complementari», perché «il rischio era che marciassero in contrasto gli uni con gli altri». Per evitare che i fondi si dispendano in mille rivoli, si individuano gli interventi prioritari in una serie di settori strategici condivisi con la Commissione Ue: risorse idriche, infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell’ambiente, rifiuti, trasporti e mobilità sostenibile, energia, sostegno allo sviluppo delle imprese. C’è anche una stretta sull’uso dei fondi: nasce un «meccanismo incentivante» che assegna più risorse del governo alle amministrazioni regionali che rispetteranno i tempi degli interventi. Per le regioni inadempienti, invece, si potrà fare ricorso a poteri sostitutivi, per assicurare il raggiungimento dei risultati, così come avviene per il Pnrr.
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