La residenza fittizia in Svizzera, i dubbi sull’autenticità delle firme, il tesoro nascosto nei paradisi fiscali. Buona parte delle ultime tesi sostenute da Margherita Agnelli nell’interminabile battaglia giudiziaria che ha ingaggiato intorno all’eredità del padre, Gianni Agnelli, trova ora sponda nella procura di Torino.
Gli avvocati di John Elkann (nella foto), iscritto nel registro degli indagati, affermano che la donna «perseguita da vent’anni i suoi genitori e tre dei suoi figli (John, Lapo e Ginevra Elkann, ndr) in tutte le sedi giudiziarie» con iniziative che finora si sono risolte in un buco nell’acqua. Ma il decreto di perquisizione firmato dai pm si apre proprio con il testo dell’esposto presentato da Margherita lo scorso 23 dicembre: «Plurime condotte, poste in essere da alcuni soggetti, volte a creare l’apparenza di una residenza in Svizzera in realtà fittizia» della madre, Marella Caracciolo, vedova dell’Avvocato, deceduta il 23 febbraio 2019 a 92 anni.
Questo, per adesso, è il cuore dell’inchiesta dei magistrati subalpini. A loro dire, si tentò di nascondere che l’anziana Marella viveva «abitualmente» in una villa della collina di Torino per due ragioni: sotto il profilo ereditario, per sottrarne la successione dall’ordinamento italiano; sotto il profilo fiscale, per evitare «l’assoggettamento a tassazione in Italia di ingenti cespiti patrimoniali e di redditi». Su «suggerimento» del commercialista Gianluca Ferrero (la cui carica di presidente della Juventus non è al vaglio dell’indagine), John Elkann avrebbe fatto figurare come assunte alla Fca Security e a Stellantis Europa delle persone che in realtà prestavano servizio per Marella, e avrebbe firmato contratti di affitto per immobili di cui la nonna deteneva l’usufrutto.
L’ipotesi di reato è di «dichiarazione infedele dei redditi». Per effetto di un accordo del 2004, Margherita versò alla madre un vitalizio: circa 8 milioni accreditati nel 2018 in un conto bancario a Vaduz intestato a una società off-shore con sede nelle Isole Vergini Britanniche. L’Irpef evasa, secondo le stime dei pm, è di circa 3,5 milioni.
Ma il fronte degli accertamenti è assai più vasto. I pm cercano di ricostruire quanto più possibile il patrimonio di Marella per capire se e quante tasse avrebbe dovuto pagare. Margherita, dal canto suo, confida che l’esito delle indagini rafforzi la propria posizione nelle cause civili in corso in Svizzera e a Torino.
È la stessa procura di Torino a fare presente che l’intera vicenda, oltre ad essere «particolarmente articolata», è caratterizzata da «anomalie evidenti». C’è la «natura ragionevolmente apocrifra - si legge nel decreto - delle firme riconducibili a Marella in alcuni documenti di rilievo». C’è la verosimile esistenza di «ulteriori beni produttivi di reddito derivanti dall’eredità di Gianni Agnelli detenuti da società terze, come la Bundeena Consulting, collocate in paradisi fiscali». E poi ci sono le «evidenti anomalie» che sfiorano la holding Dicembre, la storica cassaforte della famiglia Agnelli. Nel decreto firmato dai pm si afferma che l’aggiornamento della compagine sociale è avvenuto «in maniera irregolare» e a distanza di anni mediante una declaratoria del 2021 contenente una «scrittura privata non autenticata del 2004» con cui Marella cedeva la nuda proprietà delle quote a John, Ginevra e Lapo Elkann.
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