Il bilancio finale, stilato mettendo insieme le richieste arrivate via Pec anche nella notte di venerdì, indica che la metà dei Comuni della Sicilia travolti dagli incendi di luglio, agosto e ottobre si è fatta avanti per avere i ristori. Adesso tocca alla Protezione Civile regionale mettere ordine in queste ordinanze e inviare a Roma una nuova relazione per quantificare i danni certi e dimostrabili.
È tuttavia il classico bilancio che divide. Per la Protezione Civile regionale il bicchiere è mezzo pieno.
Dopo la bocciatura della prima richiesta di declaratoria di stato di calamità avanzata dalla Regione, la Protezione Civile nazionale aveva assegnato alla Sicilia un termine di due settimane per mettere a punto i documenti a sostegno di questa richiesta. Ciò che mancava erano le ordinanze con cui i sindaci dei territori attraversati dagli incendi certificavano gli immobili e gli altri beni distrutti e i costi da sostenere. Il termine per mettersi in regola scadeva nella notte fra venerdì e sabato. Dunque ai primi dieci sindaci, fra cui Palermo e Monreale, che si erano fatti avanti subito, se ne sono uniti almeno un’altra cinquantina, sfruttando il meccanismo dell’invio telematico, a uffici chiusi, che la Protezione Civile regionale, guidata da Salvo Cocina, ha formalmente protocollato solo ieri. È così che si è arrivati a indicare ieri sera in una sessantina su 120 i Comuni che hanno inviato la documentazione.
Resta il fatto che l’altra metà dei Comuni colpiti dagli incendi non ha fatto in tempo o non è riuscita a mettere ordine nei documenti necessari per chiedere i sostegni del governo nazionale. E questo, di fatto, esclude i cittadini e le imprese di quei territori dalla corsa ai ristori.
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