C’è chi piange le perdite, con un occhio solo o con due, e chi invece tira un sospiro di sollievo, seppur cortissimo pensando all’estate che verrà. Ma nel bilancio complessivo tratteggiato dagli agricoltori non c’è nulla da esultare, perché le piogge che hanno sferzato l’Isola fino a martedì scorso, e più in generale le precipitazioni registrate nelle ultime due settimane di questo mese – candidato a diventare il maggio meno siccitoso della storia siciliana secondo i dati del Servizio informativo agrometeorologico regionale – più che portare benefici, facilmente intuibili dopo un lungo inverno arido, hanno paradossalmente acuito le criticità produttive delle imprese di settore. A cominciare dal comparto dell’olivicoltura, dove, spiega Mario Terrasi, presidente di Oleum Sicilia, organizzazione di aziende associata a Coldiretti, «c’è la concretissima possibilità di rivedere le stesse scene del 2022, con un calo del 40% dei frutti in fase di raccolta rispetto al 2021. Questo, difatti, è un periodo delicatissimo per i nostri uliveti, almeno per quelli che si trovano sotto i 600 metri di altitudine e sono già in fioritura, e se l’anno scorso fu il caldo anomalo (con picchi di 36 gradi in alcune zone) a “bruciare” i fiori, adesso pioggia, vento e basse temperature (rispetto alla media stagionale) stanno causando gli stessi danni. E non è ancora finita, perché nel prossimo weekend sono previste ulteriori precipitazioni. Il guaio è che, con i cambiamenti climatici in atto, l’anomalia sta diventando normalità». Dello stesso avviso Ignazio Gibiino, presidente di Coldiretti Agrigento, che sintetizza il quadro in una frase: «l’acqua è arrivata quando non doveva arrivare». Certo, «per alcuni agricoltori la pioggia è stata un toccasana, perché ha sostituito una quota di irrigazione o l’ha posticipata in avanti, cosa che, di questi tempi, in previsione di una estate torrida e siccitosa, rappresenta sicuramente una boccata d’ossigeno. Ma per molti altri imprenditori le precipitazioni rischiano di trasformarsi in un incubo. E non penso solo agli ulivi, ma anche ai vigneti, che con l’umidità vengono subito minacciati dalla Peronospora, microrganismo deleterio sia per la pianta che per gli acini. Ma anche al fieno, che stiamo raccogliendo proprio in questi giorni e che a causa dell’acqua, dopo tanti sacrifici per piantare i semi e farlo crescere, potrebbe marcire a tutto discapito di produttori e allevatori. Acqua benefica, invece, per il grano, che attualmente è in fase di riempimento, e per gli agrumi. Insomma, c’è chi gode e c’è chi piange». Nel primo gruppo, rientra Vito Amantia agrumicoltore della Piana di Catania, «ma fino a un certo punto, perché se da una parte le ultime piogge hanno posticipato l’inizio della nostra stagione irrigua, il problema siccità è stato solo rinviato di qualche settimana. Le precipitazioni, infatti, non sono state tali da riempire le dighe che servono l’area etnea: il volume degli invasi è leggermente aumentato, ma non abbastanza da garantire le quote per tutta l’estate. Così, chi ha la fortuna di possedere pozzi privati, ossia il 10% dei coltivatori dell’area, potrà far fronte ai prossimi mesi, chi invece non li ha, andrà avanti navigando a vista e confidando solo nel cielo. Anche perché i lavori messi in programma (finalmente) dal Consorzio di bonifica per rattoppare le reti colabrodo e togliere il fango presente nei bacini – lo stesso che ne limita il riempimento – non inizieranno sicuramente quest’anno». Intanto, in attesa dei dati aggiornati di maggio, gli ultimi numeri disponibili sui volumi delle dighe siciliane, rilasciati mensilmente dell’Autorità regionale di Bacino, ad aprile 2023 registravamo un gap del 19% circa rispetto allo stesso periodo del 2022, con punte di deficit fino all’80% in alcune strutture, come nel caso del lago di Pozzillo, nell’Ennese, mentre in molte altri invasi, come il Rosamaria e il Poma nel Palermitano, il calo della risorsa idrica superava la media siciliana attestandosi intorno al 22%. Ad oggi, il 70% dei bacini della regione è limitato dai detriti.