Pensioni, allo studio l'ipotesi di potere lasciare il servizio a 62 o 63 anni: ecco costi e proposte
Finestre per l’uscita anticipata, per esempio a 62 o 63 anni con un «congruo» numero minimo di anni di contributi, ma anche incentivi per chi decide di restare con un aumento in busta paga che potrebbe essere anche del 10 per cento. È questo il doppio binario al quale starebbe lavorando il Tesoro sul fronte delle pensioni. Il tema è caldissimo ed i tempi sono molto stretti: perché se il governo non trovasse una soluzione entro dicembre, quando scadranno quota 102, Ape sociale e Opzione donna tornerebbe in vigore il regime previsto dalla legge Fornero da sempre visto come fumo negli occhi da molta parte della maggioranza, Lega in primis. E se per le prime due misure si prevede un proroga, bisognerà trovare una soluzione per tutto il resto. Ma la questione pensionistica rappresenta anche un elefante nella fragile cristalleria delle finanze pubbliche, perché qualsiasi intervento costerà caro, abbastanza caro. Basti pensare che solo per l’adeguamento degli assegni all’inflazione da qui al 2025, appena decretato, serviranno 50 miliardi e gli spazi di manovra sono molto ristretti viste tutte le altre emergenze da tamponare, in primis il caro energia. E tra i dossier urgenti che il governo si appresta ad affrontare sul fronte economico non ci sono solo quelli strettamente inerenti alla legge di Bilancio: da tutti gli strascichi ancora aperti riguardo alla cessione dei crediti per il superbonus, alla stretta decisa sul monitoraggio sugli investimenti del Pnrr, di fronte alla necessità di accelerare sul Piano. Il segretario generale della Fabi Lando Sileoni denuncia la situazione di caos legata allo stop della cessione dei crediti sul superbonus con aggressioni ai dipendenti bancari e chiede con Ance e Abi un aumento della capienza del credito degli istituti. Diversi emendamenti si annunciano al dl aiuti quater, con Fi che chiede uno slittamento dei tempi.Per quanto riguarda il Pnrr, cominceranno dall’inizio della settimana gli incontri del ministro per il Piano nazionale di ripresa e resilienza Raffaele Fitto con i singoli ministeri sui diversi progetti, per verificarne lo stato dell’arte mentre è stato annunciato uno snellimento delle procedure per i Comuni per l’affidamento di gare e lavori. Sul fronte delle pensioni l’idea sulla quale starebbe lavorando il Tesoro, secondo quanto anticipato dal Corriere della Sera, prevede che un lavoratore che abbia maturato i requisiti possa restare al lavoro; in questo caso smetterebbe, come anche il datore di lavoro, di versare i contributi ed una parte di questa cifra entrerebbe in busta paga con un aumento pulito del 10%. La misura avrebbe lo scopo di non privare il sistema Italia di competenze acquisite e specializzazioni. Per tutto il resto della platea da tempo si discute sulla possibilità di arrivare alla cosiddetta Quota 41: ovvero in pensione con 41 anni di contributi. Il nodo è se vincolarla o meno ad una determinata età del lavoratore. Sul tavolo c'è anche la possibilità di un esperimento di un anno per valutare il peso reale della misura che, senza prevedere un limite minimo di età costerebbe circa 4,5-5 miliardi l’anno. È la soluzione appoggiata dai sindacati che attendono una convocazione dal governo: «Riteniamo che 41 anni di contribuzione debbano bastare senza penalizzazioni», dice Domenico Proietti, segretario confederale Uil. Il pensionamento con 41 anni di contributi, spiegano i sindacati, permetterebbe di andare in pensione intorno ai 62-23 anni, in linea con la media europea. Difficile immaginare, però vista l’attuale situazione, formule di pensionamento anticipato senza una qualche penalizzazione rispetto all’assegno pieno. Basti pensare alla formula di Opzione donna: nei primi nove mesi del 2022 ne hanno usufruito quasi in 18 mila ma con un taglio severo degli assegni che oscilla tra il 20 il 25%. Garantire anche in futuro pensioni adeguate e dignitose insieme alla sostenibilità del sistema, resta quindi il nodo principale anche se secondo il sindacato, scindendo l’assistenza dalla previdenza la spesa si collocherebbe intorno al 13,5% del Pil, nella media Ue. E non a caso anche su un’altra richiesta la linea di Cgil, Cisl e Uil è compatta: quella di una pensione di garanzia per i più giovani, che possa garantire un futuro previdenziale anche a chi è appena entrato nel mondo del lavoro.