Non lavorano e non studiano, crescono le donne Neet: dati allarmanti a Caltanissetta e Palermo
Il dato dei Neet, coloro che tra i 15 e 34 non lavora, non studia e non segue percorsi di formazione, bastona la Sicilia. Da uno studio della Cgil nazionale, il campanello d’allarme suona per le donne, che nella regione appartengono alla categoria per il 52,5% - i maschi per il 47,5%, percentuale elevata anche per la media nazionale che si attesta al 44%. Passando all’esame della lente d’ingrandimento, le province di Caltanissetta e Palermo sono quelle messe peggio: rispettivamente con il 62,1 percento e il 61,7 percento, infatti, le due città e relative province sono ai primi posti per donne Neet. Seguono poi Enna con il 53,6 percento, Messina conio 50,6 percento e Siracusa con il 47,9%. Allargando lo studio alla sfera nazionale, si evince come in rapporto alla popolazione, il 27% delle neet donna riguarda le inattive, ovvero chi non cerca lavoro o non è disponibile. Di questo 27 percento, il venti è rappresentato dalla categoria delle madri. "Un mercato del lavoro debole - dicono Gabriella Messina, segretaria regionale Cgil ed Elvira Morana, responsabile Cgil per le politiche di genere - e un sistema dei servizi inadeguato crea difficoltà alle donne nell’accesso al lavoro, offre meno opportunità e molte donne finiscono col fermarsi sulla soglia, riempendo le file di chi il lavoro neanche lo cerca”. Ma il senso di svantaggio è tutto per le donne siciliane, considerato il il tasso di disoccupazione femminile al 22,7: "A parità di titolo di studio con gli uomini hanno minori opportunità finendo spesso fagocitate nelle attività di cura - proseguono Messina e Morana - in presenza di uno stato sociale inadeguato sia per quanto riguarda l’infanzia che gli anziani e i non autosufficienti". Occorre quindi concentrarsi ulteriormente sugli interventi che dovranno essere destinati alle giovani donne con più istruzione, più formazione, più politiche attive del lavoro, più welfare, maggiore partecipazione al dibattito e alle decisioni pubbliche, meno precariato. La soluzione si potrebbe trovare "nei fondi del Pnrr - sottolineano - utilizzati fino in fondo per una strategia integrata e trasversale rispetto a tutte le altre politiche mirata a migliorare la condizione femminile".