Gli eurodeputati sono molto preoccupati per i ritardi – quasi due anni – che si stanno accumulando nell’utilizzo dei fondi strutturali stanziati dall’Ue per le politiche di coesione2021-2027 e chiedono alla Commissione e agli Stati membri di porre rimedio a questa situazione con interventi rapidi ed efficaci. Questo, in estrema sintesi, il contenuto della risoluzione approvata ad ampia maggioranza dall’assemblea di Strasburgo che si è voluta pronunciare su un fenomeno inquietante: nonostante l’estrema necessità di risorse evocata e riconosciuta da tutti, ci sono circa 330 miliardi di euro a disposizione che ancora non sono stati utilizzati nemmeno in parte. Riuscire a recuperare il ritardo già accumulato è fondamentale perché altrimenti, hanno sottolineato gli europarlamentari nel loro documento-appello, «la crescita economica e il recupero della produttività, una transizione verde e digitale, così come la creazione di posti di lavoro potrebbero risentirne». Il rischio paradossale è che i Piani nazionali di ripresa e resilienza (noti come Pnrr) complichino, in Italia ma anche negli altri Paesi, la spesa dei fondi strutturali classici. E questo per due motivi. Primo, non ci sono mai state così tante risorse a disposizione tutte insieme. Secondo, la spesa di questi fondi richiede una capacità amministrativa e di coordinamento molto efficace. Una sfida enorme per un paese come il nostro, storicamente in ritardo con l’utilizzo dei fondi strutturali e più volte sollecitato dall’Ue a rivedere e potenziare la capacità progettuale e gestionale della pubblica amministrazione sia a livello centrale che locale. L’Italia teoricamente dovrebbe riuscire a spendere non soltanto i circa 191 miliardi di euro provenienti dal Recovery fund entro il 2026 e i 13 miliardi del React-Eu entro il 2023. Ma anche i 75,6 miliardi di euro, tra risorse europee e cofinanziamento nazionale, destinati alle regioni per il periodo 2021-2027. A lanciare l’allarme è stato anche il copresidente del gruppo Ecr-FdI al Parlamento europeo, Raffaele Fitto. «In Italia – ha osservato - siamo ancora una volta in ritardo rispetto all’avvio del periodo di programmazione e soprattutto siamo ancora lontani dall’avvio concreto degli interventi e delle misure. I regolamenti della politica di coesione sono stati approvati dall’Ue nel giugno 2021, ma ad oggi risulta in vigore solo l’Accordo di partenariato della Grecia», ha sottolineato l’europarlamentare. In Italia, «i primi interventi non partiranno prima del 2023, rischiando di scaricare le lentezze del nostro sistema sui cittadini e sulle imprese, in particolare quelle del Mezzogiorno. Per questo sollecitiamo il governo italiano a intensificare le negoziazioni con la Commissione europea, a sottoscrivere al più presto l’accordo di partenariato e a predisporre insieme alle regioni i programmi operativi». Anche il gruppo dei Socialisti e Democratici, di cui fa parte il Pd, ha fatto sentire la sua voce deplorando «l’inerzia nell’implementazione» dei fondi europei. E ricordando che la coesione è a tutti gli effetti «il principale motore pubblico per l'occupazione e gli investimenti».