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Nuove trivelle in Sicilia, c'è il sì del ministero per la ricerca di gas e petrolio: Comuni sul piede di guerra

Più del settanta per cento del territorio siciliano è trivellabile per la ricerca di gas e petrolio. Lo dice il ministero della Transizione ecologica che ha ha approvato il Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), fortemente voluto dal ministro Roberto Cingolani.

Guardando la mappa, se si esclude l’area metropolitana di Palermo, e parte del Messinese tutto il resto dell’Isola è a rischio di trivelle.

Il piano individua le aree in cui è consentito lo svolgimento delle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi sul tutto il territorio nazionale. Un iter lungo che si è basato su un complesso lavoro iniziale di mappatura, portata avanti insieme ad istituti di ricerca specializzati (Ispra, Rse), in seguito al quale il ministero ha proposto il piano che è stato così sottoposto a Valutazione ambientale strategica (VAS), processo che prevede una fase di consultazione interamente pubblica.

Il Pitesai ha l’obiettivo di fornire regole certe agli operatori e di accompagnare la transizione del sistema energetico nazionale definendo le priorità sia in un’ottica di decarbonizzazione - in linea con gli accordi internazionali di tutela dell’ambiente e della biodiversità - che del fabbisogno energetico.

E anche se nella realizzazione del piano "si è tenuto conto dei criteri di sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica" come spiegano da Roma, la politica siciliana è sul piede di guerra, anche perché le concessioni in attesa sono già numerose. Nell’elenco dei titoli minerari individuati dal Pitesai ci sono: 9 istanze di permesso di ricerca, 2 di concessione, 6 permessi di ricerca che interessano 2.794 chilometri quadrati di territorio, 13 concessioni di coltivazione per altri 567 chilometri.

Già 24 Comuni italiani hanno presentato un ricorso contro il decreto al Tar del Lazio, contro le compagnie petrolifere. Tra i siciliani c'è Noto, il cui territorio è potenzialmente largamente interessato dalla faccenda. I sindaci hanno fatto ricorso contro il ministero della Transizione Ecologica, il ministero della Cultura e il ministero dello Sviluppo Economico chiedendo l’annullamento del decreto.

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