Lavori su immobili fantasma. Ristrutturazioni mai avviate, fatture false, controlli inesistenti. Società di comodo intestate a nullatenenti. Soldi finiti a Cipro, Dubai, Madeira, diventati lingotti o convertiti in criptovalute. Le maglie troppo larghe della normativa sui bonus edilizi hanno dato il via a un complesso sistema di truffe all’erario ancora difficile da mappare con precisione. Il meccanismo della cessione del credito ha reso possibile una rapida monetizzazione dei bonus, in alternativa a una fruizione spalmata negli anni, ma ha anche stimolato l’ingegno criminale di imprese e privati senza scrupoli. La guardia di finanza ha eseguito finora 2,3 miliardi di euro di sequestri preventivi per truffe legate ai bonus edilizi, mentre l’Agenzia delle entrate stima che la quota di crediti inesistenti già ceduta sia pari a 4,4 miliardi di euro su un totale di 38,4 miliardi.
Un quadro preoccupante
Un «quadro generale preoccupante» lo ha definito il direttore dell’agenzia, Ernesto Maria Ruffini, che ha riscontrato «numerosi casi di frode» che potrebbero avere conseguenze non solo sulle aziende che hanno raggirato il fisco, ma anche su imprese e istituti che hanno comprato quei crediti come sconti in fattura. Un danno enorme, per cittadini onesti, imprese e banche, che rischiano di essere beffati da una norma voluta per rilanciare l’economia dopo la crisi pandemica. Anche perché alcuni di questi crediti falsi potrebbero già essere stati utilizzati dal compratore per compensare i tributi. Un quadro complesso, che rischia di beffare due volte l’erario. Il governo ha provato a correre ai ripari. Ha vietato la cessione multipla dei crediti e dato più potere all’Agenzia delle entrate, che potrà bloccare la comunicazione di cessione del credito entro 5 giorni dall’invio della pratica sulla piattaforma.
Le criticità
Il limite di una sola cessione però pone seri ostacoli anche alle imprese in regola e negli ultimi giorni, in Sicilia come nel resto d'Italia, c'è stata una lunghissima serie di proteste delle associazioni d'impresa e degli ordini professionali di ingegneri e architetti. Da qui nasce la decisione, presa oggi dal governo, di elevare a tre il limite delle cessioni possibili. Per il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, la norma estremamente limitativa genera «molteplici criticità innanzitutto per il settore edilizio e quindi per l’economia dell’Italia e, a valle, anche per le banche che sono tra i maggiori acquirenti dei crediti in questione», ha dichiarato oggi in audizione in commissione Bilancio del Senato. E, sebbene abbia precisato di comprenderne le finalità anti-frode, ha comunque avvertito che potrebbe avviare una «interruzione dell’effetto positivo registrato negli ultimi due anni» e generare «incertezza per i contratti di cessione già stipulati». Quindi, per l’Abi, la norma va modificata, ma consentendo alle banche e alle altre istituzioni finanziarie, soggetti vigilati di poter realizzare cessioni multiple, «escludendole da responsabilità penali in caso di frodi perché acquirenti in buona fede».
Che fine fanno i crediti fittizi?
Ma cosa succede se si sono utilizzati crediti derivanti da una frode? A chiarire questo aspetto, in attesa di eventuali cambiamenti alla norma, è ancora l’Agenzia delle entrate. I controlli preventivi, ha spiegato Ruffini, intanto «avvantaggiano anche i cessionari in buona fede dei crediti». Infatti, nell’ipotesi in cui il credito d’imposta originariamente ceduto venga disconosciuto dall’Agenzia, quest’ultima «recupera il credito d’imposta dal contribuente che lo ha indebitamente ceduto, fermo restando il diritto del cessionario in buona fede di potersene avvalere in sede di versamento delle proprie imposte». Tuttavia, in caso di sequestro di crediti inesistenti da parte dell’autorità giudiziaria, in quanto «cose pertinenti al reato», tali crediti «diventano inutilizzabili dal terzo cessionario, anche in buona fede, al quale pertanto non resta che rivalersi nei confronti del cedente». Infatti, il contrasto alle frodi legate ai bonus edilizi portato a termine finora dalle Procure della Repubblica è spesso sfociato in sequestri dei crediti nei confronti degli intermediari finanziari, anche se a essere entrati materialmente in possesso dei profitti del reato siano stati i reali autori degli illeciti. In altri termini, spiega Ruffini, «in queste ipotesi i crediti sequestrati dall’Autorità giudiziaria non possono essere utilizzati dal cessionario, seppur in buona fede».
Il difficile recupero
Non tutto il maltolto all’erario potrà essere recuperato. La guardia di finanza ha individuato movimenti che di fatto rendono impossibile il recupero di quei crediti: soldi finiti in società offshore, investimenti in valute digitali come bitcoin o ethereum. E in assenza di una norma, i proventi illeciti sequestrati potrebbero diventare un buco di bilancio per banche e società private. L’Agenzia delle Entrate però ha sottolineato come in realtà non tutti gli intermediari finanziari siano stati danneggiati. Molti di essi, infatti, «hanno agito proattivamente con dettagliate check list (reperibili sui siti internet istituzionali), al fine di acquisire comunque documentazione volta a verificare la spettanza del credito, a prescindere dal posizionamento della catena di cessione (primo cedente oppure cessionario intermedio), servendosi anche di società di revisione esterne ed evitando in tal modo di acquistare crediti per i quali sono emersi problemi relativi alla normativa antiriciclaggio (mancanza di permessi edilizi, progetti, certificazioni, relazioni asseverate, bonifici bancari, fatture, ecc.)». Ovvero, hanno controllato, per proprio conto, in assenza di controlli.