L’inflazione s’infiamma: a novembre in Europa ha toccato livelli mai raggiunti da quando è nato l’euro e anche in Italia è salita ormai ai massimi degli ultimi 13 anni. I dati, che da un lato rispecchiano un’attività economica che sta ripartendo con brio - come confermano i dati Istat sul Pil italiano - dall’altro scatenano però reazioni di allarmismo per il futuro dell’economia e delle famiglie. Il rischio paventato da tutti, infatti, è che il carovita si abbatta come una vera stangata sul portafogli delle persone, bloccando quindi l’andamento dei consumi e successivamente anche dell’attività produttiva. Del resto, che con il carovita si sia a questo punto destinati a convivere sembra ormai una certezza anche dall’altra parte dell’oceano, dove il il presidente della Fed, Jerome Powell, ha detto che «è un buon momento per la Fed per ritirare la parola ‘transitorià per quanto riguarda l’inflazione», spiegando che il termine «transitoria» si riferisce a un’inflazione che non lasci segni permanenti sui prezzi.
Gli energetici la causa dell'impennata
I principali imputati della corsa nel Vecchio Continente sono ancora una volta gli energetici. È infatti soprattutto grazie a questi ultimi che il carovita in Europa è salito addirittura al 4,9%, toccando un record da quando è nata la serie storica assieme all’euro. Stessa situazione anche in Italia, dove le stime preliminari dell’Istat hanno rilevato un aumento del costo della vita al 3,8% da ottobre, il livello più alto dal settembre 2008. In un mese da noi i prezzi sono aumentati dello 0,7% e l’Istituto di statistica sottolinea che su base tendenziale i prezzi dei Beni energetici sono saliti dal +24,9% di ottobre a +30,7% e, in particolare, sono cresciuti quelli della componente non regolamentata (da +15,0% a +24,3%), mentre la componente regolamentata, pur mantenendo una crescita molto sostenuta, mostra un lieve rallentamento (da +42,3% a +41,8%). Accelerano inoltre rispetto ad ottobre, ma in misura minore, anche i prezzi dei Beni alimentari sia lavorati (da +1,0% a +1,7%) sia non lavorati (da +0,8% a +1,5%) e quelli dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,4% a +3,6%). L’’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici accelerano entrambe da +1,1% di ottobre a +1,4%.
La crescita del Pil non basta
Neppure le buone notizie sul Pil, confermato in crescita del 2,6% nel terzo trimestre, o il brillante recupero del fatturato dei servizi nello stesso periodo, tranquillizzano il sentiment generale. Confcommercio avverte che i dati sull’inflazione diffusi oggi da Istat ed Eurostat rappresentano un innegabile campanello d’allarme per la ripresa, mentre Confesercenti osserva che per quanto la spesa delle famiglie continui a trascinare la crescita sopra le attese, tuttavia caro-energia e quarta ondata del covid gettano un’ombra sulla ripresa. Si tratta di una dinamica che in ultima istanza riduce il potere d’acquisto e può produrre una frenata della spesa delle famiglie. Rischio, questo, del quale sono consapevoli in prima persona i consumatori che si spingono a calcolare le conseguenze dell’inflazione per i portafogli delle famiglie. Mentre Assoutenti parla di un «massacro per le tasche degli italiani», l’Unc quantifica in 1.346 euro all’anno il salasso per una coppia con 2 figli, 524 dei quali destinati all’abitazione e 567 ai trasporti. Sia Codacons che Federconsumatori lanciano l’allarme per il Natale, avvertendo che i rialzi record dei prezzi non potranno non influire negativamente sui consumi delle prossime festività. E tutti unanimemente chiedono al governo di intervenire adottando soprattutto misure per calmierare i prezzi energetici. La situazione italiana ed europea non restano tuttavia dei casi isolati ma rispecchiano un pò quello che succede anche altrove nel mondo. Lo conferma anche il dato di oggi sulla fiducia dei consumatori americani, calata in novembre a 109,5 da 111,6 di ottobre, ai minimi da nove mesi, a causa delle crescenti preoccupazioni per l’inflazione.