Quando circa un anno fa si era ipotizzato di riaprire le discoteche, sì, ma con almeno due metri di distanza tra i ballerini, si erano guardati tutti in faccia: i famosi professori del «comitato scientifico» che decide sulle riaperture, nulla avevano capito del mondo dei locali da ballo. Come si poteva pensare di scendere in pista a distanza di due metri? Meglio soprassedere. E lottare.
Alla fine le discoteche sono arrivate, ultimissime: dopo gli stadi, le scuole, le palestre, persino i teatri e i cinema. Da lunedì si potrà tornare in pista, per adesso si è alla conta dei danni: circa il 30 per cento dei locali ha abbandonato o si è inventato altro. Il comparto delle discoteche in Italia conta almeno 300 mila persone e in Sicilia si marcia intorno a 15 mila: sono numeri ballerini, è proprio il caso di dire. Potrebbero essere veramente molti di più, se si pensa che attorno alle discoteche si muovono professionalità differenti, dai buttafuori ai dj, dai barman agli organizzatori, da chi cura i servizi a chi si occupa delle pulizie, e così via. «La decisione di autorizzare la riapertura delle discoteche consentendo una capienza al 50 per cento, anziché al 35 per cento come previsto inizialmente, è un’importante dimostrazione di buona volontà da parte del governo nazionale» dice Vincenzo Grasso, presidente Silb Confcommercio Palermo e componente del direttivo nazionale. Insomma, si tira un sospirone di sollievo, e si comincia a programmare. Puntando alle prossime «scadenze» ovvero Halloween e Capodanno, quando si spera che le sale potranno di nuovo riempirsi.
«Dopo circa 18 mesi di chiusura - spiega Grasso - potere riaprire i nostri locali è già una bella notizia ma le condizioni attuali sono ancora economicamente insostenibili e non sufficienti a risollevare aziende martoriate dalla forzata inattività. Dimostreremo che la riapertura dei nostri locali sarà in sicurezza». Senza contare che sarà un modo per arginare l’abusivismo: feste private, ristoranti, stabilimenti balneari, bar, si ballava dappertutto tranne che nelle discoteche. «La scelta del governo era diventata insensata e incomprensibile, anche rispetto ad altri Paesi che hanno i numeri delle vaccinazioni più bassi. Adesso speriamo nella ripresa», aggiunge Grasso.
Insomma, le discoteche hanno penato anche per le informazioni non sempre certosine sul settore. Ora si spera nelle due settimane di «limbo», al termine delle quali si dovrebbe tornare a capienza piena. Gli sforzi sono tutti per dimostrare che le discoteche non sono veicolo di contagio, ma possono diventare controllo del territorio, contro l'abusivismo e gli assembramenti da strada e da locali senza licenza.
Nel frattempo, giovani e meno giovani hanno imparato a fare a meno dei locali da ballo, e i ristori promessi non sono arrivati. Due anni di mancato fatturato hanno portato tanti imprenditori alla canna del gas. «È stato un continuo dribbling – interviene Mario Bornice, presidente Silb di Trapani -, ogni giorno arrivavano notizie diverse. Ma oggi siamo ovviamente strafelici, anche se ci rendiamo conto che abbiamo perso del tutto la stagione. Il Trapanese è una provincia che lavora in estate, ormai puntiamo al prossimo anno, anche se speriamo in Halloween e Capodanno». Nel Trapanese i locali sono circa una dozzina e la metà non riaprirà. «Sappiamo che molte situazioni sono scappate di mano, ma ce la faremo a ripartire. Finalmente si è messo mano ad un protocollo intelligente che non contempla stupidaggini, tipo i due metri di distanza in pista. Ora ci dobbiamo riorganizzare, nelle prossime ore chiederemo un incontro al questore per contattare le Commissioni di pubblico spettacolo e ottenere i permessi: ogni sala deve garantire la corretta aerazione e non il ricircolo dell’aria. In tanti dovranno programmare lavori importanti per poter ripartire».
Da Catania giungono invece note molto polemiche. «La situazione è pessima, dopo due anni di stop non vale la pena ormai aprire perché andiamo incontro all’autunno. Anche per i locali invernali, una capienza della metà è veramente mortificante – spiega Enzo Aronica, da 52 anni a capo del Banaker a Catania -. Anche una discoteca piccola impiega almeno trenta dipendenti, noi ne abbiamo cinquanta, messi in regola. Aprire le porte costa circa 10 mila euro a sera. Come si fa? Entrerebbero un centinaio di persone, non arriveremmo neanche a coprire le spese dei buttafuori. Non è un cinema dove si può aprire con tre persone, una discoteca è un mondo complesso. Aspetteremo la capienza al 100 per cento, cosa questa che ci permetterebbe di conservare almeno il 10 per cento dell’incasso lordo. La cosa più pesante è che la nostra categoria rientra in quella che si occupa di “arte varia”, la discoteca è spettacolo: perché non farci rientrare negli aiuti agli artisti?». Già, perché?
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