Alle porte della nuova stagione estiva targata 2021 si fa la conta dei danni della prima estate colpita dal Covid: la Sicilia nel 2020 ha dimezzato (-56,2%) le presenze turistiche sull’isola rispetto all’anno pre-pandemia, determinato per lo più dal crollo dei turisti stranieri (-80,9% vs -31,0% delle presenze di turisti italiani). Flessione, quest’ultima, superiore rispetto a quella rilevata a livello medio nazionale del -70,3%. È quanto evidenzia uno studio dell’osservatorio economico regionale di Confartigianato Sicilia, nello studio “Artigianato, Turismo e Beni Culturali - Opportunità per la ripartenza post Covid-19 della Sicilia”. Uno studio che evidenzia anche come azioni di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale potranno essere realizzate dalle 22.651 imprese dell’Isola, di cui 12.564 pari al 55,5% artigiane.
Lo studio è stato presentato questa mattina nella sede di Confartigianato Sicilia, in via Emerico Amari a Palermo all’assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità Siciliana, Alberto Samonà e all’assessore regionale Manlio Messina (collegato in webinar).
In Sicilia negli ultimi 3 anni sono state mediamente oltre 5 milioni le presenze straniere, si tratta del 3% dei turisti non italiani che mediamente visitano la nostra penisola. Nell’estate 2020, però, le restrizioni alle attività praticabili durante le vacanze hanno causato, secondo quanto indicato da Istat, una forte contrazione dei flussi vacanzieri, soprattutto di quelli finalizzati a visite al patrimonio culturale, alla partecipazione a eventi e spettacoli, al turismo enogastronomico, penalizzando in maggior misura regioni come la nostra.
I dati riferiti al 2020 indicano che in Sicilia le presenze turistiche nell’anno della pandemia si sono più che dimezzate (-56,2%), contando oltre 8 milioni di presenze in meno rispetto al 2019. Le province che hanno registrato la flessione più ampia in termini percentuali sono Catania (-63,2%) e Siracusa (-58,9%). A contribuire al 72,7% del calo è l’accentuata riduzione delle presenze straniere. Presenze queste ultime che nel 2020 hanno rappresentato il 22,0% dei turisti presenti sull’Isola, diversamente dall’anno precovid-19 quando la quota di turisti stranieri era pari al doppio (50,5%). Il calo percentuale delle presenze straniere nel 2020 si attesta al -80,9% mentre quello degli italiani al -31,0%. Tra i principali paesi esteri di provenienza dei turisti (primi 10) si rilevano cali sopra la media (-80,9%) per Stati Uniti, Spagna e Francia.
Rispetto all’offerta degli esercizi ricettivi presenti sul territorio per accogliere i turisti si rileva, diversamente dai trend riferiti ai flussi turistici, una dinamica positiva: dai 7.473 esercizi del 2019 si raggiungono i 7.729 del 2020. Tale incremento trova principale spiegazione nell’aumento sull’Isola di strutture extra alberghiere: agriturismi (+61,8%), case per ferie (+14,7%) e case in affitto gestite in forma imprenditoriale (+11,9%). La crescita di questa tipologia di alloggi trova ampio consenso nei “vacanzieri post Covid-19”, poiché secondo quanto indicato da Istat1 a seguito della pandemia si è riscontrato un maggior ricorso da parte dei turisti ad alloggi privati.
Le località siciliane (comuni) dove si conta un maggior numero di presenze turistiche si confermano Palermo, Taormina e Catania. Il tasso di turisticità –presente turistiche per numero di abitanti - più alto lo si rileva invece per i comuni di San Vito Lo Capo (113,1 pres./ab.), Letojanni (108,8 pres./ab.) e Taormina (103,4 pres./ab.).
La nostra Isola si posiziona prima nella classifica nazionale per più alta incidenza di queste imprese sul totale artigiano (22,4%), valore superiore di 6,5 punti rispetto alla quota nazionale del 15,9%. Tra le prime 5 province italiane dove l'artigianato della filiera d’offerta del turismo rappresenta una fetta rilevante del tessuto produttivo artigiano ne troviamo due siciliane: Palermo con 3.542 imprese pari al 25,2% del totale artigianato e Agrigento con 1.365 imprese pari al 23,9% del totale artigianato.
Il fatturato legato ad alberghi e ristoranti, due settori cardine del turismo, ammonta in Sicilia a 4,1 miliardi di euro, si tratta del 4,2% del fatturato complessivamente realizzato dalle attività del territorio.
L’assessore regionale ai Beni Culturali, nel suo intervento, ha sottolineato la necessità di avviare un tavolo tecnico dell’artigianato che coinvolga non solo i restauratori ma tutti gli artigiani coinvolti nei processi di restauro, recupero e valorizzazione dei beni, “affinché – ha detto – le problematiche vengano discusse, se emergono delle criticità, vengano affrontate e le eventuali soluzioni, pensate insieme”. Samonà ha posto l’attenzione sull’importanza del contributo degli artigiani, delle piccole e medie imprese, “di coloro che vivono quotidianamente il mondo del fare come mestiere, come vocazione. Ho preso quindi l’impegno – ha assicurato – di istituire un tavolo permanente tra assessorato e mondo dei restauratori, un comparto in sofferenza, in grande crisi".
“È il momento di raccogliere le nuove indicazioni che vengono dal mercato – ha detto il presidente di Confartigianato Sicilia, Giuseppe Pezzati – e pensare ad azioni da costruire insieme, organizzazioni e istituzioni, per accompagnare le imprese al cambiamento inevitabile imposto da uno scenario ormai profondamente mutato. A partire dal piccolo come indica già da tempo lo Small businnes act. Beni culturali e turismo, muovendo numeri importanti della nostra economia regionale, rappresentano assets strategici sui quali intervenire per generare lavoro e occupazione”.
“Il tema dei Beni Culturali – ha sottolineato il vice presidente nazionale Filippo Ribisi –, è sempre stato per Confartigianto centrale, perché sia direttamente che indirettamente, è collegato con il mondo e con i mestieri che rappresentiamo. Spero, che il Governo regionale accolga la disponibilità data dalla Confartigianato, per lavorare insieme ed in sinergia, ognuno nel proprio ruolo e con le proprie prerogative, ma con un unico obiettivo comune, fare il bene per lo sviluppo della Sicilia e delle imprese siciliane, perché quello che va bene per le nostre imprese, va bene per la nostra Regione”.
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