Dallo scorso primo luglio non sono più utilizzabili nelle pubbliche amministrazioni i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, così come previsto dall'articolo 7, comma 5-bis, del dlgs 165/2001, prorogato per circa 4 anni. È diventata operativa la norma che assimila il regime del lavoro pubblico a quello privato, dove ormai da tempo le co.co.co. sono state eliminate. L'eliminazione è stata necessaria per evitare impropri utilizzi di un rapporto "ibrido" e quindi per assicurare maggiori tutele contrattuali e normative.
L'articolo 7, comma 5-bis, del dlgs 165/2001 dispone: "È fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente comma sono, altresì, responsabili ai sensi dell'articolo 21 e ad essi non può essere erogata la retribuzione di risultato. Resta fermo che la disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, non si applica alle p.a.".
Le p.a. , quindi, che vogliono avvalersi di attività lavorative continuative, dovranno utilizzare esclusivamente rapporti di lavoro subordinato. L'articolo 7, comma 6, del dlgs 165/2001, consente, solo di avvalersi di rapporti di lavoro autonomo puro, espletati da professionisti, iscritti in albi per professioni regolamentate o che svolgano anche professioni non regolamentate e che pertanto abbiano o aprano la partita Iva.
In questo caso, tra le altre cose, l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno, l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo.
I contratti di collaborazione coordinata e continuativa, negli ultimi tempi, erano aumentati anche nelle istituzioni Afam statali, riconosciute dal Miur, per lo svolgimento di attività di docenza e adesso, con questa nuova legge, così come denuncia la Flc Cgil si assiste ad una situazione caotica.
Per il sindacato occorrerebbe un intervento chiarificatore del legislatore e del Miur e chiede che "vengano impartite dal Miur disposizioni che, in attesa di chiarimenti più puntuali, invitino le istituzioni ad utilizzare tempi più distesi nella definizione dei nuovi contratti, si apra un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali per una più puntuale definizione dei contratti utilizzabili per l’a.a. 2019/2020, delle retribuzioni, dei diritti e dei doveri delle parti ed infine, che vengano ampliate le dotazioni organiche e che vengano utilizzati contratti subordinati a tempo indeterminato o determinato".