Allarme per i liquori italiani, duramente colpiti dai dazi statunitensi. Le misure di Trump, infatti, che saranno in vigore dal 18 ottobre, mettono a rischio un intero settore, quello della produzione di liquori che può contare su un centinaio di aziende, e alcune migliaia di posti di lavoro, tra produzione e indotto. La preoccupazione è palpabile, soprattutto da parte di Federvini, la Federazione Italiana Industriali Produttori, Esportatori ed Importatori di Vini, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti ed Affini. Per i liquori Made in Italy gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di destinazione, dopo la Germania, con una crescita negli ultimi cinque anni di quasi il 40% a valore. Un danno notevole anche per la Sicilia che nel primo trimestre dell'anno aveva registrato un incremento dell'export nel settore vini e liquori, + 6.5% per i prodotti della parte occidentale della regione. Non solo, come si legge in una indagine dell'Osservatorio Federvini Wine & Spirits: secondo il consumatore, la regione che produce gli amari/liquori dolci di maggiore qualità è la Sicilia, indicata dal 12%, seguita dalla Campania (10%) e dalla Calabria (9%). "Il dazio del 25% - precisa Federvini - andrà ad interessare un valore di quasi 163 milioni di dollari, con una incidenza per singola bottiglia pari a circa 2 e anche 2,5 dollari, che potrebbero raddoppiare considerando i vari passaggi da importatore a distributore e venditore. I dazi - stima Federvini - comporteranno una perdita secca di valore export pari ad almeno il 35%, soprattutto alle piccole e alle medie imprese". "Stiamo parlando di una perdita enorme per il settore della liquoreria italiana - evidenzia Micaela Pallini, presidente del Gruppo Spiriti -: alla riduzione del 35% del valore, già di per sé molto grave, si aggiunge il timore che in diversi casi possa essere pregiudicata la sopravvivenza dell'azienda, in quanto sia il mercato interno, sia eventuali nuovi mercati, non possono garantire immediatamente l'attività di impresa. Inoltre, il settore si troverebbe in una condizione di svantaggio competitivo di grande impatto, perché sullo scaffale americano aumenteranno i prodotti locali o di altri paesi non colpiti da dazi, con denominazioni evocative del prodotto italiano", il temutissimo Italian sounding. Intanto, il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova annuncia: "Ho chiesto al presidente Conte e al Ministro Di Maio un potenziamento del Piano strategico per la promozione del Made in Italy agroalimentare: dobbiamo rafforzare il coordinamento, garantire risorse adeguate e puntare sulla commercializzazione e comunicazione del prodotto di origine italiana sui mercati più importanti". Se i dazi rischiano di penalizzare il settore, ma in particolare l'export, il consumo di liquori dolci/amari in Italia è ben saldo. Secondo l'indagine dell'Osservatorio Federvini Wine & Spirits il 59% della popolazione 18-73 anni li ha consumati in almeno un’occasione negli ultimi 12 mesi. Il consumo è maggiore tra gli uomini (62%), tra i Baby Boomers (66%) e tra chi risiede nel Centro Italia. Per quanto riguarda invece le abitudini di consumo, emerge innanzitutto come l’82% dei consumatori beve amari/liquori dolci principalmente dopo i pasti come digestivo (89% tra i soli Baby Boomers), mentre solo una quota del 10% (che sale al 14% tra i Millennials) li consuma soprattutto all’aperitivo. Il weekend, indicato dal 67% dei consumatori (78% tra i Millennials) è il momento di consumo preferito.