In Sicilia nel 2008 la popolazione residente era di 4.986.000 con 1.478.000 occupati e un tasso di disoccupazione del 13,7%; nel 2018 i residenti sono aumentati a 5 milioni e 13 mila con un calo degli occupati a 1.363.000 (meno 113.000) e il tasso di disoccupazione al 21,5%; la percentuale di giovani (15-24 anni) senza lavoro nel 2008 era pari al 39,1%, nel 2018 è balzata al 53,6%. Sono alcuni dei dati del Rapporto "Economie Territoriali" presentato in Confcommercio Imprese per l'Italia, a Roma. Ed ancora, i consumi per abitante in Sicilia nel 2008 sono cresciuti dell’1,5%, ma tra il 2014 e il 2018 hanno registrato una flessione del 2,4%. Per quanto riguarda il tessuto imprenditoriale, nell’isola le imprese registrate nel 2018 erano 464.784: di queste, 81.162 nel settore dell’agricoltura, 83.383 nell’industria, 129.826 nel commercio.
Sul fronte della «nati-mortalità» delle imprese, nel 2018 c'è stato un saldo positivo di imprese registrate con un +2.100, ma il settore del commercio è quello che ha sofferto la maggiore mortalità con -4.571, di queste -3.582 al dettaglio, -946 servizi alloggio e ristorazione, -754 altri servizi area Confcommercio (vedi sopra). Infine, saldo negativo nell’industria con -1.948 e -342 in agricoltura.
«Dai dati siciliani emerge tutta la drammaticità di una situazione che nell’arco di dieci anni è mutata in negativo, con commercio e servizi, che pur rimanendo settori preminenti dell’economia siciliana, pagano in modo pesante più di ogni altro settore una crisi sistemica alla quale la classe politica che ci governa non è stata capace di far fronte con provvedimenti diretti, snelli ed efficaci utili a salvare migliaia di piccole imprese costrette a chiudere i battenti», affermano i presidenti di Confcommercio Palermo Patrizia Di Dio, di Confcommercio Messina Carmelo Picciotto, di Confcommercio Siracusa Elio Piscitello, di Confcommercio Enna Maurizio Prestifilippo, e di Confcommercio Caltanissetta Massimo Mancuso.
«Una delle cause della crescita della disoccupazione giovanile è ascrivibile all’interruzione del ciclo naturale che portava i figli a raccogliere l’eredità professionale dei loro padri - sostengono i cinque presidenti - Oggi purtroppo occuparsi di commercio non paga e quindi assistiamo ad un quadro disarmante e privo di prospettive per i più giovani. C'è un sistema economico al collasso, soprattutto nelle aree interne di una Sicilia che non riesce ad inserire più i suoi giovani nel mondo del lavoro e che li costringe all’emigrazione. Purtroppo, di fronte alla freddezza dei numeri c'è poco da fare se non lanciare un ultimo appello affinché chi ha un ruolo istituzionale metta in campo tutte le azioni utili a trovare tutte le soluzioni possibili, a partire da quel gap infrastrutturale e dai costi di collegamento con la Sicilia che condizionano inevitabilmente tutte le attività imprenditoriali».
Per quanto riguarda Palermo, Patrizio Di Dio sottolinea che «uno dei dati che si evince con maggiore chiarezza dal rapporto, è che l’80,3% degli occupati nella nostra città vive grazie ai servizi e facendo un confronto i numeri sono superiori rispetto alla Sicilia (72,6%) e all’Italia (70,1%)».
«Sono le nostre imprese, quelle del commercio, del turismo, dei servizi, della logistica e delle professioni - aggiunge - che negli ultimi venti anni hanno difeso l’occupazione di questa città. Grazie alle nostre imprese 'diffuse', abbiamo salvaguardato l’occupazione di circa 270 mila impiegati nei nostri settori, senza alcuna rendita di posizione e senza una politica a favore, tanto meno sostegni nazionali ed europei».
«Le nostre attività - prosegue Di Dio - hanno contribuito a quel lavoro di 'rammendo', tanto urbanistico, quanto economico e sociale, di Palermo - evidenzia - Per questo, oggi, a gran voce, chiediamo che amministrazione e consiglio comunali e burocrazia siano concentrati in modo prioritario sugli aspetti che riguardano le imprese, si impegnino ad agevolare le attività, le nuove aperture e gli investimenti e non come spesso accade a ostacolarli. Perché ogni giovane che va via, in cerca di lavoro, conduce inesorabilmente al declino e all’impoverimento della nostra società, della parte più vitale ed istruita. Noi abbiamo la coscienza pulita, perché ce la stiamo mettendo tutta, non sappiamo se altri possono affermare la stessa cosa».
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