Il governo nazionale ha deciso che rivedrà al ribasso le rese per ettaro che regolano la produzione di uve destinate al vino da tavola. È la conseguenza di un’interrogazione parlamentare presentata nei giorni scorsi dal M5S sul grave stato di crisi del settore come denunciato dalla Cia Sicilia Occidentale.
Tra le province di Trapani e Palermo al momento c’è un grande ammasso di vino comune che non riesce a trovare sbocchi commerciali se non a prezzi stracciati, ben al di sotto della metà della media registrata negli ultimi anni.
Un risultato importante quello ottenuto dalla organizzazione degli agricoltori siciliana, che aveva individuato nella resa massima di 500 quintali di uve per ettaro – stabilito dalla legge 238 del 2016 – un fattore determinante negli squilibri produttivi tra le varie regioni italiane. Per la Cia Sicilia Occidentale la resa di 500 quintali può oltretutto favorire la sofisticazione del vino e anche per questo va abbassata.
"Il ministro per l’Agricoltura Centinaio ha dato la disponibilità ad abbassare questa quota, è una dichiarazione di intenti che ci lascia soddisfatti ma al momento è appunto solo una dichiarazione di intenti: aspettiamo adesso che vengano fatti i decreti che permettano al comparto vitivinicolo siciliano di potere sopravvivere", ha dichiarato Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale.
Il governo, rispondendo all’interrogazione parlamentare, ha poi detto che la strada della distillazione di crisi per smaltire l’eccessivo prodotto presente nelle cantine – che non era stata comunque chiesta dalla Cia Sicilia Occidentale – "non è una strada percorribile" perché oltretutto solleverebbe "obiezioni in sede di Unione Europea".
Sul fronte dei controlli antisofisticazione, sollecitati con forza sempre dalla Cia Sicilia Occidentale, infine, il governo nazionale ha assicurato che anche per quest’anno l’ispettorato garantirà “un livello di attenzione particolarmente elevato”.
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