Anno nero per il vino siciliano. Crollo dei prezzi rispetto al 2018 causato da una crescita della produzione al Nord Italia, cosa che ha ostacolato le esportazioni di quello siciliano e riducendo a quest'ultimo possibili sbocchi di mercato. A fare luce sulla crisi che sta affrontando uno dei settori di punta dell'economia regionale è la Cia.
Secondo i dati forniti dai produttori, i prezzi sono praticamente dimezzati nell'ultimo anno: i vini bianchi sono passati dai 40-45 centesimi del 2018 agli attuali 20 centesimi al litro.
“Con questi prezzi è impossibile rientrare dai costi – spiega Maurizio Scavone, presidente della Cia di Mazara del Vallo –. Nelle province di Palermo e Trapani, che da sole producono quasi il 70% di vini e mosti siciliani, crisi di mercato e prezzi bassissimi non consentiranno a tutte le cantine sociali di coprire i prestiti per le anticipazioni. C’è il rischio di gravi sofferenze bancarie che possono costituire l’anticamera del fallimento, con conseguenze devastanti per il territorio. Serve una soluzione immediata che possa per scongiurare la grave crisi sociale che si innescherebbe, colpendo diverse migliaia di famiglie di viticoltori”.
I dati sulle giacenze, secondo il bollettino “Cantina Italia” emesso il 15 marzo scorso dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi del Ministero, dicono che il Veneto detiene ad oggi circa 1.8 milioni di ettolitri (+350 mila rispetto a un anno fa). Giacenza quasi doppia rispetto a quella siciliana (poco più di un milione di ettolitri) dove però la superficie vitata per il vino comune è il doppio rispetto a quella veneta (quasi 9 mila ettari contro 4360). Ma è soprattutto l’Emilia Romagna a fare la parte del leone con oltre 4 milioni di ettolitri di giacenza attuale, seguita dalla Puglia (2,2 milioni).
Lo stato di crisi della vitivinicoltura siciliana trova conferma nelle preoccupazioni dell’Irvo, l’Istituto regionale del vino e dell’olio. “Per superare questo momento bisogna trovare dei possibili “strumenti” che permettano di ammortizzare, nel lungo periodo, le annate in cui ci sono state produzioni eccessive – commenta Vincenzo Cusumano, direttore dell’Irvo –. Ma guardando oltre bisogna anche intervenire strutturalmente sul tessuto imprenditoriale siciliano, fatto soprattutto di micro imprese. Da un lato sarebbe meglio studiare dei meccanismi che possano meglio distribuire gli utili lungo la filiera, mentre dall’altro le stesse imprese cooperative dovrebbero sforzarsi di innovarsi ed emergere sul mercato anche internazionale”.
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