È "sempre più alta e in continua crescita la tassa sui rifiuti pagata da cittadini e imprese". Nel 2017 la Tari "è arrivata, complessivamente, a 9,3 miliardi di euro con un incremento di oltre il 70% negli ultimi 7 anni nonostante una significativa riduzione nella produzione dei rifiuti". Lo rileva la Confcommercio che presenta oggi il portale www.osservatoriotasselocali.it, strumento permanente dedicato alla raccolta e all'analisi di dati e informazioni sull'intero territorio sulla tassa rifiuti pagata da cittadini e imprese del terziario. Per le imprese del terziario - spiega Confcommercio - sono "sempre più evidenti distorsioni e divari di costo tra medesime categorie economiche a parità di condizioni e nella stessa provincia: ad esempio, un albergo con ristorante di 1000 mq paga 4.210 euro/anno a San Cesario, in provincia di Lecce, mentre ne paga 7.770 euro/anno a Lecce; per la stessa attività in provincia di Padova si passa da 4.189 euro/anno di Abano Terme a 5.901 euro/anno del capoluogo. Tutto questo va rapportato all' "inefficienza delle Amministrazioni locali (in media, il 62% dei Comuni capoluogo di provincia registra una spesa superiore rispetto ai propri fabbisogni) che costa a cittadini e imprese 1 miliardo l'anno a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi comunitari di raccolta differenziata (siamo al 52% contro il 65% fissato a livello europeo). In molti casi le imprese pagano costi per un servizio mai erogato (con aggravi di oltre l'80%) o per il mancato riconoscimento della stagionalità delle attività. Ad esempio, nel primo caso, a Roma, un distributore di carburante di 300 mq paga 2.667 euro mentre l'importo corretto dovrebbe essere di 446 euro; nel secondo caso, un campeggio di 5000 mq nel Comune di Fiumicino paga 13.136 euro quando per i soli 5 mesi di attività dovrebbe pagare 5.473, oppure uno stabilimento balneare di 600 mq, nello stesso comune, paga 1.037 euro a fronte dei 432 che dovrebbe pagare. Per Patrizia Di Dio, membro di Giunta di Confcommercio con delega all'ambiente, "i dati dell'Osservatorio sono la conferma di quanto le nostre imprese siano penalizzate da costi dei servizi pubblici che continuano a crescere in modo ingiustificato. Bisogna, dunque, applicare con più rigore il criterio dei fabbisogni e dei costi standard nel quadro di un maggiore coordinamento tra i vari livelli di governo, ma soprattutto è sempre più urgente una profonda revisione dell'intero sistema che rispetti il principio europeo 'chi inquina paga' e tenga conto delle specificità di determinate attività economiche delle imprese del terziario al fine di prevedere esenzioni o agevolazioni. In due parole, meno costi e meno burocrazia per liberare le imprese dal peso delle inefficienze locali di gestione".