Una personalità forte, leale e acuta. Così sindacalisti e politici a Termini Imerese ricordano Sergio Marchionne, sotto la cui gestione fu chiusa la fabbrica dopo un fase di lotte e proteste.
Roberto Mastrosimone, leader siciliano della Fiom, memoria storica di una vertenza che si trascina da oltre un decennio, prima sotto il brand Fiat ora con Blutec, dice: «L'ho incontrato quattro o cinque volte in tutto. A Termini Imerese è venuto per incontrare gli operai e i delegati sindacali, ricordo a bordo di un elicottero».
«Allora si parlava di rilancio e di un investimento di un miliardo e 300 mila euro da realizzare con fondi pubblici di Stato e Regione, e in parte privati», rammenta il sindacalista. Un’ipotesi, poi, sfumata, mentre il quadro politico mutava. Azienda e sindacati chiudono un’altra intesa e nell’isola si produce la Lancia Y. Sarà l’ultima vettura assemblata in catena di montaggio prima della chiusura il 24 novembre 2011. «L'ultima volta che l’ho incontrato - racconta Mastrosimone - è stato a palazzo Chigi a giugno 2009. Di quel giorno ricordo due cose: Berlusconi che rivolgendosi a Marchionne lo saluta dicendogli 'ecco il signor Fiat' e l'annuncio della chiusura di Termini Imerese, per trasferire in Polonia la produzione della Lancia Y e a Pomigliano il nuovo modello della Panda, che allora si produceva a Tychy». «Rispetto l’uomo ma qui la Fiat ha abbandonato i lavoratori» dice il segretario Fiom.
Meno tranchant il commento di Vincenzo Comella della Uilm. "Le scelte industriali hanno pesato - sostiene - ma non è stato l'unico responsabile. Era un uomo di poche parole. A parte Termini ha dimostrato di saper fare il suo lavoro». Bruno Vitale ha guidato la Fim per dieci anni fino al 2012 e l’ad di Fca l’ha incontrato più volte durante le trattative. «Era una persona dura e leale. In quella fase Pomigliano e Termini erano due stabilimenti in crisi con due storie diverse». Anche l’ex senatore dem di Termini Imerese, Beppe Lumia, racconta di aver avuto «con lui un rapporto di ammirazione e contrasto. Non ho mai condiviso le sue scelte, ma sono addolorato». Mentre l’ex numero due del Mise, Teresa Bellanova, che ha seguito la vertenza degli operai siciliani di Blutec, lo ricorda come «una persona schiva e con una forza e un prestigio indiscutibili». "L'autorevolezza si rifletteva nella relazione con la fabbrica e i lavoratori. Un rapporto - conclude - che avvertivi a pelle, di fortissimo riconoscimento».
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