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Istat: "Al Sud in 10 anni persi 310 mila posti di lavoro"

Italiani più vecchi e soli, contrazione del lavoro manuale, più partecipazione alla vita civile grazie alla rete, trasporto pubblico sottoutilizzato, le ataviche difficoltà del mondo del lavoro: è questa la fotografia fatta dall'Istat nel suo rapporto annuale in cui racconta attraverso i numeri lo stato di salute del Paese. «Il Mezzogiorno rimane l’unica ripartizione geografica con un saldo occupazionale negativo rispetto al 2008 (-310 mila, -4,8%)»: si legge sul Rapporto. Quindi il Sud non ha ancora recuperato i livelli pre-crisi. E ancora, al Mezzogiorno la quota di giovani 15-29enni che non studiano e non lavorano, conosciuti con l'acronimo inglese di Neet, è più che doppia rispetto a quella dell’Italia settentrionale. I Neet seppure in calo, a 2,2 milioni nel 2017, sono ancora il 24,1%, dal 16,7% del Nord al 34,4% del Sud.

Italiani più vecchi e soli. La popolazione totale diminuisce per il terzo anno consecutivo di quasi 100mila persone rispetto al precedente: al 1° gennaio 2018 si stima che la popolazione ammonti a 60,5 milioni, con 5,6 milioni di stranieri (8,4%). Così il rapporto Istat secondo cui l'Italia è il secondo paese più vecchio del mondo: 168,7 anziani ogni 100 giovani. Il Paese appare anche più fragile rispetto all’Ue: il 17,2% si sente privo o quasi di sostegno sociale. Gli anziani che vivono soli passano oltre 10 ore senza interazioni con altri.

Nel confronto con la Ue l’Italia mostra una maggiore fragilità sotto il profilo del sostegno sociale: lo segnala il rapporto Istat, sulla base di un indicatore condiviso a livello europeo, l’overall perceived social support, che sintetizza tre dimensioni: l’estensione della rete di sostegno sociale, il grado di solitudine e di isolamento e la presenza di sostegno pratico di vicinato. In base a tale indicatore, il 27,7% degli individui percepisce un sostegno forte, il 17,2% si sente privo o quasi di sostegno mentre oltre la metà degli individui (55,1%) si colloca in una posizione intermedia.
Nel confronto con l’Ue, l’Italia mostra più fragilità: per tutte le classi di età è più bassa la quota di chi percepisce un sostegno forte (34,1% media Ue) e più elevata la quota di chi dichiara una percezione di sostegno debole (15,5% media Ue).

Il 78,7% delle persone di 18 anni e più dichiara di poter fare affidamento almeno su un parente, un amico o un vicino. Tra le persone che rappresentano un sostegno, sono gli amici la categoria più indicata (62,2% dei casi) seguita dai vicini (51,4%) e dai parenti (45,8%). Il sostegno è anche di tipo economico: «Il 44,7% degli individui - riferisce il report - dichiara di avere almeno una persona non coabitante su cui contare in caso di bisogno urgente di denaro (800 euro)».

La scarsità di relazioni sociali diventa una grave forma di isolamento per gli anziani che non vivono insieme ai propri familiari: le persone più in là negli anni restano sole per il 70% del tempo (poco più di 10 ore) e interagiscono con altre persone soltanto per 4 ore al giorno, per lo più con familiari con cui vivono (nel 65% dei casi), amici (31%) e vicini (4%). Le persone anziane, informa ancora l’istituto di statistica, vivono in condizioni di minore isolamento nei cosidddetti 'territori del disagiò, in cui il tempo trascorso da soli scende a 8 ore e 20 minuti e quello con altri a poco più di 5 ore. In particolare in questi casi tende ad aumentare la parte di tempo trascorsa con i propri familiari conviventi, fino a raggiungere il 44% delle ore trascorse con altri (rispetto a una media di quasi il 39% calcolata su base nazionale).

Il lavoro. In un decennio la mappa del lavoro è cambiata e il lavoro manuale segna una decisa contrazione: tra il 2008 e il 2017 sono scesi di un milione gli occupati classificati come «operai e artigiani» mentre si contano oltre 860 mila unità in più per le «professioni esecutive nel commercio e nei servizi», in cui rientrano gli impiegati con bassa qualifica che potrebbero essere ribattezzati come i 'nuovi collettivi bianchi'. E ancora, se nell’industria si sono perse 895mila unità nei servizi se ne sono guadagnate 810mila.

Per i laureati un inserimento lavorativo ottenuto attraverso le segnalazioni di familiari e amici «porta a ottenere un impiego caratterizzato in assoluto da retribuzioni più basse, minore stabilità e coerenza con il percorso di studi concluso". Il lavoro ottenuto attraverso canali "informali» sottolinea l’Istat, non solo è pagato meno ed è meno stabile ma si dimostra anche «meno appagante».

Ascensore sociale bloccato. La dote familiare in termini di beni economici ma anche di titoli di studio e attività dei genitori è «determinante» per avere successo nello studio e nel lavoro: solo il 18,5% di chi parte dal basso si laurea e il 14,8% ha un lavoro qualificato. La cerchia di parenti e amici è anche decisiva nel trovare e non solo nel cercare un impiego: lavora grazie a a questo «canale informale» il 47,3% (50,6% al Sud) contro il 52,7% che l’ha ottenuto tramite annunci, datori di lavoro agenzie, concorsi.

La Rete aumenta la possibilità di partecipazione dei cittadini alla vita civile dell’Italia: ne è convinta l’Istat, a detta della quale nel 2016 il 18,3% degli utenti regolari ha utilizzato una piattaforma social per esprimere le proprie idee su temi politici o sociali. Nel complesso la partecipazione politica online avrebbe coinvolto il 20,8% dei naviganti, con una preponderanza delle donne, soprattutto nella classe di età compresa tra i 20 e i 24 anni, superando di cinque punti percentuali quella dei coetanei maschi.

Italia a due velocità anche nell’uso della Rete: la quota delle persone che vivono al Centro-Nord e che abitualmente navigano sul web è pari al 68,6%, diversamente da quanto si registra nel Mezzogiorno dove la percentuale si attesta poco sopra il 55%. Sono dati relativi in questo caso all’anno 2016.
Da uno screening delle diverse attività emerge che il 60% degli utenti regolari ha partecipato a un social network, il 52,5% ha inviato messaggi in chat, o ha scritto su un blog o è intervenuto in un forum di discussione; infine poco più del 32% ha caricato testi, foto e musica per poterli condividere. In questi ambiti, sottolinea l’Istat, i più attivi sono i giovani fino a 34 anni. Le donne hanno una leggera prevalenza rispetto agli uomini nell’uso dei social network (62,1 contro il 58,4%), nell’inviare messaggi e scrivere testi (53,5 contro il 51,6%) o nel caricare contenuti di propria creazione (33,3 contro il 31,6%).

 

La speranza di vita alla nascita in Italia, considerato uno dei Paesi più longevi al mondo, ha raggiunto nel 2017 gli 80,6 anni per gli uomini e gli 84,9 anni per le donne. Secondo il Rapporto, il valore più elevato si trova a Firenze (84,1 anni) e nella provincia di Trento (83,8 anni). Il valore minimo, invece, si registra nelle province di Napoli e Caserta (per entrambe 80,7 anni).  Alla nascita l’aspettativa di vita in buona salute a Bolzano è di quasi 70 anni (69,3 per gli uomini e 69,4 per le donne) a fronte di una media nazionale di 60 anni per gli uomini e 57 anni e 8 mesi per le donne. I maschi della Calabria e le femmine della Basilicata sono, invece, ai livelli più bassi con un’aspettativa di vita in buona salute alla nascita rispettivamente di 51,7 anni e 50,6 anni.

In Italia il trasporto pubblico locale appare sottoutilizzato: gli utenti abituali di autobus, filobus e tram sono l’11 dei residenti dai 14 anni in su.Nel 2016, quasi quattro italiani su cinque si sostano giornalmente utilizzando mezzi propri per un tasso di motorizzazione di 625 auto ogni 1.000 abitanti. Un dato largamente superiore a quello registrato nei maggiori Paesi europei (555 in Germania, 492 in Spagna, 479 in Francia, 469 nel Regno Unito). Nel biennio 2015-16 l’offerta del trasporto pubblico locale ha recuperato una parte della flessione registrata nel quadriennio precedente, ma è ancora inferiore del 2,2% rispetto a quella del 2011. Tra il 2011 e il 2016 si poi modificata anche la ripartizione dell’offerta. Nei capoluoghi o città metropolitane l’offerta di autobus e filobus è diminuita del 12,6%, quella del tram è aumentata del 3,7%, così come quella della metropolitana (+18,1%).

La caratteristica che più di altre incide sulla partecipazione all’associazionismo è il titolo di studio. Tra i laureati la quota di volontari, informa il Rapporto dell’Istat, è più che doppia rispetto a quella di chi ha al massimo la licenza media (23,3% contro il 10,3).  Negli ultimi anni, ricorda lo studio, l’associazionismo ha visto crescere l’impegno in particolar modo da parte dei più giovani e degli anziani. Il livello di partecipazione di quella che viene definita 'generazione del millenniò raggiunge quello delle classi di età centrali (16% in un’età compresa tra i 20 e i 24 anni). In ogni caso la mappa dell’impegno sociale è piuttosto diversificata nel nostro Paese: il tasso di partecipazione rimane sopra la media nelle città del Centro-Nord (13,8%), aree caratterizzate da redditi medio-alti e da una più alta presenza di organizzazioni non-profit. L’adesione all’associazionismo è quindi più bassa nel Mezzogiorno, sia nei centri urbani (8,3%) sia in generale nelle aree interne (10,2%)..

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