Sabato 23 Novembre 2024

Stop all'aumento dell'età pensionabile per 14.600 lavoratori, bonus bebè rifinanziato per 3 anni

ROMA. L'accordo (parziale) tra governo e sindacati sulle pensioni si trasferisce nella legge di bilancio. Dal 2019 niente aumento dell'età pensionabile a 67 anni quindi per 14.600 persone impegnate in 15 categorie di lavori gravosi, 11 già previste dall'Ape social e quattro in più definite nel corso del confronto (braccianti, pescatori, operai siderurgici e lavoratori marittimi). L'esecutivo ha tradotto l'intesa con Cisl e Uil, non condivisa dalla Cgil, in norma di legge con l'atteso emendamento presentato alla Commissione Bilancio del Senato. Per il primo anno, il costo in termini di maggiore spesa pensionistica sarà di 100 milioni, cifra che nel triennio fino al 2021 arriverà a quasi 385 milioni. Per rientrare nei requisiti bisogna avere svolto le mansioni gravose da almeno sette anni nei dieci precedenti il pensionamento ed avere una anzianità contributiva di almeno 30 anni. A cambiare rispetto alla legge Fornero è anche il meccanismo di adeguamento all'aspettativa di vita, che terrà conto anche dei 'picchi negativi', cioè degli eventuali arretramenti della speranza di vita, e che non potrà essere di più di 3 mesi. Per il calcolo dello scatto di tutti i lavoratori si guarderà alla media del biennio di riferimento rispetto a quella del biennio precedente. Ma per il 2021, primo anno di attuazione delle novità, è già prevista una deroga tecnica, con il confronto tra il biennio 2017-2018 con il solo 2016 che avrà come effetto meccanico quello di 'ammorbidire' il risultato finale. Sul fronte welfare, il Senato ha anche trovato l'accordo per rifinanziare per i prossimi tre anni il bonus bebè, condizione posta da Ap come essenziale per il voto favorevole all'intera legge di bilancio. Il costo dell'assegno sarà di 185 milioni il primo anno, il 2018, e salirà a 403 milioni nel 2019 e nel 2020. Maggioranza e governo stanno ancora lavorando invece alla soglia per i figli a carico, altra misura pro-famiglia che Ap e il Pd puntano a portare a casa, e alla sanità. La riduzione del superticket resta tuttora in ballo, così come il finanziamento ad hoc dei farmaci oncologici e l'intervento sulle liste d'attesa. Parte delle coperture potrebbero arrivare dalla nuova web tax che, secondo i calcoli, potrebbe generare un gettito di 100-200 milioni nei primi anni e di un miliardo a regime. Tema irrisolto, apparentemente tutto nelle mani del governo, è ancora quello delle Agenzie fiscali. La riforma, oggetto inizialmente di un apposito ddl, era confluita nel decreto fiscale, ma da lì era stata espunta per alcuni nodi, come quello sulla governance, rimasti aperti. L'emendamento del governo in materia è atteso da giorni, ma nonostante l'esecutivo abbia presentato un altro nutrito pacchetto di 17 proposte (dagli Lsu di Palermo a Pompei, dall'asta 5G alle scuole, dalle radio digitali alla Naspi), delle Agenzie non si è vista finora traccia. I primi effetti della politica economica del governo, ispirata alla lotta alla povertà e al calo della pressione fiscale, iniziano intanto a concretizzarsi. L'Inps ha comunicato che dal primo dicembre sarà possibile fare domanda per il Rei, il reddito di inclusione attiva che riguarderà le famiglie con minori, disabili, donne in gravidanza a quattro mesi dal parto e over 55 disoccupati, con un tetto di 485 euro al mese (5.824,80 l'anno). L'Ocse ha invece certificato che nel 2016 la pressione fiscale in Italia è scesa al 42,9% del Pil nel 2016, rispetto al 43,3% del 2015. Un calo che però non basta a far perdere posizioni all'Italia nella classifica annuale dell'organizzazione dove il BelPaese si conferma alla sesta posizione.

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