ROMA. L'età della pensione divide le generazioni: all'interno della stessa famiglia ci si troverà probabilmente con percorsi lavorativi molto distanti e con età di accesso che potrebbe essere diversa tra padre e figlio fino a quasi vent'anni. Se gli incrementi della speranza di vita si confermeranno nei prossimi anni, così come accaduto dal 2012 in poi, dando il via ad aumenti conseguenti per l'età di vecchiaia, un giovane nato nel 1990 che ha cominciato a lavorare nel 2015, magari proprio grazie al Jobs act e agli sgravi contributivi, dovrà aspettare prima di ritirarsi il 2061, quando avrà 71 anni di età e 46 di contributi. Una situazione molto diversa rispetto a quella dei padri di questa generazione, una parte dei quali è probabilmente uscita prima del 2008, quando ancora bastavano 57 anni di età e 35 di contributi. Ma, se si guarda ancora indietro, un padre che ha adesso intorno ai 73 anni (nato quindi nel 1944) potrebbe essere uscito dal lavoro nel 1996 a 52 anni di età e 36 di contributi (come lavoratore precoce) ed avere un figlio nato nel 1980 che per andare in pensione dovrà aspettare di aver compiuto 70 anni, nel 2050. Saranno quindi frequenti divari di accesso alla pensione tra padri e figli, in genere di 15-18 anni, ma potrebbero esserci casi ancora più eclatanti se si guarda a chi è uscito dal lavoro prima del 1992, magari grazie alle regole che nel pubblico consentivano agli uomini il pensionamento dopo solo 20 anni di contributi versati (14 anni sei mesi e un giorno per le donne sposate con figli). Certo queste ultime pensioni non sono di importo molto alto, ma sono state comunque un enorme guadagno rispetto ai contributi versati per chi le ha ricevute dato che le ha percepite per moltissimo tempo, anche oltre 40 anni. Secondo i dati dell'Inps riferiti all'inizio del 2017 le pensioni di vecchiaia e anzianità vigenti da oltre 35 anni (fino al 1982) sono nel complesso oltre 340.000 (276.000 circa nel settore privato e 64.000 in quello pubblico). Un dato che non considera le pensioni ai superstiti e quelle di inabilità perché erogate senza riferimenti all'età anagrafica e agli anni di contributi. Se si guarda invece alle pensioni ai superstiti nel privato ci sono quasi 260.000 pensioni ancora vigenti con decorrenza anteriore al 1980 (40,44 anni l'età alla decorrenza). Le pensioni di invalidità con decorrenza precedente al 1980 e quindi erogate da oltre 37 anni, sempre nel settore privato sono 382.683.