ROMA. "Oltre un terzo dei meridionali è a rischio povertà". A dirlo è il vicedirettore di Svimez, Giuseppe Provenzano, illustrando le anticipazioni del rapporto 2017 in cui si legge che nel 2016 "circa 10 meridionali su 100 sono in condizione di povertà assoluta, contro poco più di 6 nel Centro- Nord".
Nelle regioni meridionali il rischio di povertà "è triplo rispetto al resto del Paese: Sicilia (39,9%), Campania (39,1%), Calabria (33,5%)", continua Svimez spiegando che la povertà deprime la ripresa dei consumi, e, in questo contesto, "le politiche di austerità hanno determinato il deterioramento delle capacità del welfare pubblico a controbilanciare le crescenti diseguaglianze indotte dal mercato, in presenza di un welfare privato del tutto insufficiente al Sud".
Il 2016 è stato tuttavia piuttosto positivo per il Sud, "il cui Pil è cresciuto dell'1%, più che nel Centro-Nord, dove è stato pari a +0,8%" ma quest'anno il Pil "dovrebbe aumentare dell'1,1% al Sud e dell'1,4 % nel Centro-Nord", facendo quindi tornare indietro il Mezzogiorno rispetto alle altre zone d'Italia. Svimez prevede poi per il 2018 "un aumento del prodotto dello 0,9% nel Mezzogiorno e dell'1,2% al Centro Nord".
Se il Mezzogiorno proseguirà con gli attuali ritmi di crescita, "recupererà i livelli pre crisi nel 2028, 10 anni dopo il Centro-Nord", dice Svimez aggiungendo che si configurerebbe così un ventennio di "crescita zero", che farebbe seguito "alla stagnazione dei primi anni duemila, con conseguenze nefaste sul piano economico, sociale e demografico".
La crescita del Pil del Sud nel 2016 (maggiore di quella del Centro Nord)- secondo Svimez - è stata la conseguenza di alcune condizioni peculiari: "il recupero del settore manifatturiero, cresciuto cumulativamente di oltre il 7% nel biennio 2015-2016, e del +2,2% nel 2016, la ripresa del settore edile (+0,5% nel 2016), il positivo andamento dei servizi (+0,8% nel 2016)".
Il principale driver della crescita meridionale nel 2017 "dovrebbe nuovamente essere la domanda interna: i consumi totali crescerebbero dell'1,2% (quelli delle famiglie dell&rsquo1,4%) e gli investimenti al Sud del +2%. Si prevede anche una crescita per l'occupazione. (+0,6%)", continua Svimez.
Se la ripresa indica elementi positivi nell'economia meridionale, che ne mostrano la resilienza alla crisi - secondo Svimez - "un biennio in cui lo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno è risultato superiore di quello del resto del Paese non è sicuramente sufficiente a disancorare il Sud da una spirale in cui si rincorrono bassi salari, bassa produttività (il prodotto per addetto è calato cumulativamente nel periodo 2008-2016 del -6% nel Mezzogiorno, del -4,6% nel resto del Paese), bassa competitività, ridotta accumulazione e in definitiva minor benessere".
Il nodo vero, secondo l'associazione, "è ancora una volta lo sviluppo economico nazionale", per il quale il Mezzogiorno "deve essere un'opportunità, calibrando l'intensità e la natura degli interventi per il Sud". Nella fase più recente il Governo è intervenuto in maniera "più decisa a favore delle imprese meridionali, mettendo in campo una batteria di strumenti per agevolare la crescita del Mezzogiorno, dopo che la lunga fase di crisi tra il 2008 e il 2015 ha ampliato ulteriormente il divario tra le due macro aree del Paese".
Nello specifico, Svimez si riferisce al prolungamento degli esoneri contributivi per le nuove assunzioni, al credito d'imposta per gli investimenti e ai Contratti di Sviluppo gestiti da Invitalia per conto del ministero per lo Sviluppo Economico. Rientrano sempre nell&rsquoambito di questa batteri di strumenti agevolativi il Masterplan e i Patti per il Sud. Da ultimi, poi, i due Decreti Mezzogiorno, il secondo in corso di conversione in Parlamento nel quale sono previste le Zone Economiche Speciale (ZES) per le sole aree meridionali.
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