ROMA. Avventura finita, dopo due anni e 4 mesi dal suo decollo, il primo gennaio 2015, dell’Alitalia targata Etihad. L’ex compagnia di bandiera torna, per la seconda volta nella sua storia (era già accaduto nel 2008), in amministrazione straordinaria. A guidarla saranno tre commissari: Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari. E per garantire l’operatività nei prossimi mesi, il Governo ha concesso un prestito ponte di 600 milioni.
"Per Alitalia siamo ad un nuovo inizio", ha detto il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, intervistato da Cnn International. «Abbiamo nominato tre commissari e garantito liquidità per altri sei mesi in cui i voli continueranno. Alitalia - ha aggiunto il ministro - ha asset di valore in termini di capitale umano e rotte che possono rappresentare un nuovo inizio, possibilmente con altri partner».
Alitalia è una «società privata, non pubblica»: «non la nazionalizzeremo. Se c'è una soluzione è una soluzione di mercato», chiarisce Padoan. "La nazionalizzazione l’abbiamo già rifiutata pubblicamente".
Tutto regolare per i passeggeri: i voli e le operazioni di Alitalia - assicura la compagnia - non subiranno alcuna modifica e continueranno secondo la programmazione prevista.
Quella di garantire la continuità della compagnia è stata la principale preoccupazione del Governo. Che è intervenuto «non solo su esplicita richiesta da parte dell’assemblea dei soci» ma come «atto di responsabilità di chi deve assicurare alcuni servizi fondamentali», ha spiegato il premier Paolo Gentiloni al termine di un cdm dedicato in modo «monografico» alla vicenda Alitalia.
«La scelta mettere gli aerei a terra oggi avrebbe avuto "impatti pesantissimi», ha ribadito il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, ricordando che Alitalia ha «4,9 milioni di prenotazioni in piedi e trasporta 2 milioni di passeggeri al mese».
«E' una sfida delle più serie tra quelle che ha affrontato nella sua esistenza, dalla quale siamo convinti che uscirà più forte», ha commentato Gubitosi che ha seguito tutti gli ultimi passaggi della vicenda.
Alla compagnia il Governo ha assicurato un «ponte di continuità» con l’amministrazione straordinaria e un «prestito oneroso» di 600 milioni per sei mesi, uno scenario con cui non si profila però, ha ribadito il premier, nessuna possibilità di rinazionalizzazione: «lo abbiamo escluso fin dal primo momento e lo escludiamo oggi». Improbabile anche la possibilità che lo Stato ci metta altri soldi, come chiarito da Calenda: i 600 milioni, che sono a condizioni di mercato (Euribor +1000 punti base) definite con l’Ue, «sono il massimo che oggi si possa prevedere e fare».
Per i commissari c'è un mandato «chiaro», «ampio nello spettro» ma «limitato» nei tempi (6 mesi), ha spiegato Calenda, precisando che nel giro di breve tempo dovranno aprire alle manifestazioni di interesse da parte di potenziali acquirenti. L'obiettivo è «lavorare su un piano industriale per permettere ad Alitalia di trovare soci capaci di investire e sanare debolezze storiche che non dipendono dalla presenza delle low cost ma strategie sbagliate», ha detto il ministro dei trasporti Graziano Delrio. «Siamo convinti che il mercato potrà trovare investitori interessati e lo Stato farà la sua parte», ha aggiunto. I sindacati, che vedono nella continuità territoriale spazio per trovare strade alternative alla liquidazione, auspicano che il lavoro dei commissari non porti alla svendita ma alla ricerca di nuovi investitori e al conseguente rilancio della compagnia.
La decisione dell’azienda di richiedere l’accesso all’amministrazione straordinaria, già tracciata una settimana fa dal cda riunitosi subito dopo la vittoria del No al referendum, è arrivata nel corso di un doppio passaggio formale, prima l’assemblea dei soci e poi il cda, riunitisi in mattinata via conference call. Il consiglio, preso atto della «grave situazione economica, patrimoniale e finanziaria» della società, del venir meno del supporto dei soci e dell’impraticabilità in tempi brevi di soluzioni alternative, ha deciso all’unanimità di presentare l’istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.
Gli azionisti, riunitisi poco prima in assemblea, hanno espresso «grande rammarico» per l'esito del referendum che ha «di fatto precluso l’attuazione del rilancio e della ristrutturazione della società», per il quale i soci erano disponibili a finanziare il piano industriale per 2 miliardi di euro.
Rammarico è stato espresso anche dal socio arabo, Etihad, che nel 2014 con un investimento da 560 milioni è diventato proprietario del 49% della compagnia italiana. «Abbiamo fatto tutto quanto in nostro potere per supportare Alitalia in qualità di azionista di minoranza, ma è chiaro che la compagnia ha bisogno di una ristrutturazione profonda e su vasta scala per sopravvivere e crescere in futuro», ha detto il numero uno della compagnia di Abu Dhabi James Hogan, che nel 2015 prometteva di fare di Alitalia una compagnia sexy e a cinque stelle.
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