PALERMO. Inutile pensare ai Sicani o ai Siculi, inutile ragionar per miti, a mister «Eataly», Oscar Farinetti, langarolo nato ad Alba in piena vendemmia 1954, il nome Sicilia, forse per deformazione professionale, fa venire una sola cosa: l’acquolina in bocca. «Già a pronunciarlo quel nome, mi viene fame. Che ci posso fare?», spiega ridendo. Poi la dichiarazione d’amore: «Una terra di contrasti, sapori forti ma digeribili, gusti profondi che entrano delicatamente nel corpo. Ogni valle è un continente, se passi da Ragusa ad Agrigento cambia tutto. Un luogo posto a una latitudine perfetta, con isole fantastiche attorno».
Tanti complimenti però da tempo lei sostiene di voler aprire “Eataly” a Catania e rimanda sempre. Cosa spegne il suo entusiasmo?
«Per ora siamo concentrati sul mondo - Usa, Russia - ma accadrà: la prima sede al sud è stata Bari, fra un paio d’anni toccherà alla Sicilia».
Perché non ha preso in considerazione Palermo?
«Perché mi ha telefonato il mio amico Enzo Bianco, abbiamo fatto un giro della città, e io sto ragionando su possibili location. Palermo non è da meno, ma a me piace l’Etna rosso…».
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