PALERMO. L’Osservatorio dell’Imprenditoria femminile di Unioncamere-InfoCamere conferma che mediamente, nel nostro paese, un’impresa su cinque è guidata da una donna. E anche la Sicilia, tra le regioni d’Italia, fa registrare buone performance in termini di crescita della presenza femminile. Fa piacere, ma non ci serviva Unioncamere per scoprire che certi muri, legislativi e culturali, che hanno confinato le donne nell’ambito della casa e del privato, sono caduti e che, sgretolarne i mattoni e forzarne qui e là gli accessi ha richiesto anni e anni di sforzi e di accanite lotte femminili. Di questo percorso, il «Giornale di Sicilia», in collaborazione con Gds Media&Communication, ne ha tratto una narrazione, attraversando le storia di alcune imprenditrici siciliane. Il risultato è il primo volume di «Grandi donne siciliane», con i testi di Guido Fiorito e le foto di Tullio Puglia, con la sua ricchezza di presenze mai monocorde, mai unilaterale, mai monolitica, ma sempre straordinariamente varia, sfaccettata, con donne di differente estrazione sociale, culturale, politica, di mestieri diversi, di inclinazioni differenti, di disparate scelte di vita. Uno straordinario ordito, una platea che, pagina dopo pagina, si colora di sfumature inedite, acquisisce sostanza. In comune le signore hanno forza, intelligenza, bellezza, quella fatta di passione, non di scollature. E il merito di essersi affermate nella professione senza la stampella dell’approvazione maschile, di avere contribuito, clamorosamente o impercettibilmente, alla crescita collettiva delle donne in quest’Isola, alla loro evoluzione, alla loro coscienza di essere protagoniste. E ancora, di aver scompaginato i «quadretti» della vita della donna, quelli di casalinga, moglie, lavoratrice, madre, amante, single, giovane, anziana: oggi puoi essere tutto, o solo quello che ti va, come ti va, quando ti va. Scegli, punto e basta. Sono biografie che, messe in fila, raccontano la complicata e tumultuosa crescita di un’isola che cambia, magari non alla velocità che vorremmo, ma cambia. Loro, le imprenditrici coinvolte in questa prima fase dell’iniziativa editoriale del Giornale di Sicilia, sono Barbara Cittadini (Casa di cura Candela - Palermo), Ines Curella (Banca Sant’Angelo - Palermo), Patrizia Di Dio (La Vie en Rose - Palermo), Sabrina Di Gesaro (Centro d’Arte Raffaello - Palermo), Nadia Lo Bosco (Mondo Auto – Palermo), Grazia Lo Cascio (Centro Emodialitico Meridionale – Palermo), Nelly Morello Piazza (Moto One – Palermo), Rossella Pezzino de Geronimo (Dusty – Catania), Simona Randazzo (Randazzo Gioielli – Palermo), Annamaria Sala (Gorghi Tondi – Mazara del Vallo), Irene Sorrente (Strategica – Palermo), Anna Spina (Maico – Palermo), Delfina Bucceri, Salva Diquattro, Viviana Falsaperla, Laura Tabbone e Francesca Ventimiglia (le 5 concessionarie di Tupperware a Palermo, Trapani, Caltanissetta, Catania e Messina) e Giusy Vitale (Prezzemolo & Vitale – Palermo). Tra loro, è stata Annamaria Sala, dell’azienda vinicola «Gorghi Tondi» a riscuotere più consensi sul sito gds.it. Premiata da Fabrizia Del Toro, responsabile della filiale di Palermo di Gds Media&Communication, racconta di equilibrismi di cui le donne sono capaci: «Siamo sempre pronte su ogni fronte, multitasking, siamo imprenditrici ma anche madri e mogli. Riusciamo a fare tutto e con buoni risultati, con passione e tenacia. Ho studiato fuori ma sono tornata in Sicilia». Al secondo posto Sabrina Di Gesaro, premiata da Giada Ardizzone: «È un compito ingrato lavorare in Sicilia per promuovere la bellezza, ma sono felice della mia squadra tutta al femminile»; al terzo posto Grazia Lo Cascio, premiata da Federico Ardizzone: «Mi trovo bene a lavorare con le donne, non ci arrendiamo mai». Il Premio «Abarth», quello per la velocità di cambiamento, lo ha strameritato Rossella Pezzino de Geronimo: dire che gestisce la «Dusty» sarebbe davvero limitativo, perché Rossella, che è una perfezionista, è anche un’artista visuale, passa dalla Biennale di Venezia a lunghi viaggi attorno al mondo, al suo giardino zen. Dice: «La bellezza salverà il mondo, è questa la speranza di felicità. Non penso che essere donna faccia la differenza, l’importante è avere un progetto serio in cui credere. Caparbietà, ecco cosa serve in gran quantità». La serata, al Grand Hotel Villa Igiea, è stata affollata di pubblico e istituzioni: con il direttore del «Giornale di Sicilia», Antonio Ardizzone, il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone («Non dobbiamo essere respingenti nei confronti di chi vuole investire da noi, dobbiamo cambiare»), il rettore Fabrizio Micari, il questore Guido Longo, l’assessore alle Attività produttive del Comune, Giovanna Marano, che ha parlato di imprenditoria femminile «più etica, di cui la società ha particolarmente bisogno». Hanno rotto il ghiaccio le parole dal condirettore del «Giornale di Sicilia», Giovanni Pepi: «Continuiamo a raccontare la storia di una Sicilia diversa. Questo volume accoglie le signore che fanno impresa e mostra una Sicilia lontana da stereotipi triti, in cui si avvertono elementi positivi di cambiamento e modernità. La pubblicazione regala una certezza: in questa regione, malgrado tutto, si può fare impresa non perché le istituzioni agevolino i passaggi ma perché ci sono talenti che sanno intercettare risorse, proporre beni e prodotti che si affermano sui mercati internazionali. Partendo da questo, vogliamo una Sicilia diversa, quella che conosciamo non regge più. Al centro mettiamo l’impresa privata, aggiungiamo concretezza, trasparenza. Dobbiamo cambiare tutti. Svegliamoci, i percorsi del passato non sono più riproponibili». Tocca ad Angelo Sajeva di Gds Media&Communication: «Abbiamo cercato di fare una nuova comunicazione, il compito della società civile è quello di far vedere che in Sicilia ci sono intelligenze, competenze. E la risposta ricevuta ci ha dato ragione, i lettori hanno risposto in maniera massiccia, in 13 mila hanno cliccato sul volume e votato. Le donne vanno forte, riscuotono consensi. Un segnale importante». L’economia ha un disperato bisogno delle donne, non come compratrici, ma come forza lavorativa. E, come sostiene anche il «Financial Times», occorre uguaglianza nelle opportunità, nell’accesso alle carriere e nelle retribuzioni: pare che perfino gli uomini, scorticati dalla fine del patriarcato, stiano iniziando a convincersene. Per questo bisogna pensare a nuovi ideali «universali», che non possono essere quelli rivoluzionari del passato, né quelli neoliberisti più recenti in cui il tema dei diritti delle donne viene posto attraverso l’uso di termini come quote, questione di genere, politiche antidiscriminatorie. Serve un’uguaglianza meno «questione» e più «occasione». Partendo da una certezza: ormai l’unica posizione professionale davvero non disponibile sulla piazza è rimasta quella del prete. Pazienza, ce ne faremo una ragione.