ROMA. Mentre il Paese si divide sul referendum, l'Italia del calcio registra un'inattesa unione fra i club di Serie A. Hanno votato infatti all'unanimità sulla ripartizione dei ricavi da diritti tv, il tema che più ha creato contrasti da quando sette anni fa la Legge Melandri ha introdotto la vendita centralizzata e nuovi criteri di redistribuzione delle risorse: la nuova delibera dà in sostanza un incentivo a chi resta in Serie A ma non gode dei grandi incassi della Champions e garantisce per questa e la prossima stagione oltre un milione di euro in più rispetto a prima alle 14 squadre qualificate fra il quarto e il diciassettesimo posto. "Una giornata storica", l'ha definita l'ad del Milan Adriano Galliani, uno dei principali indiziati alla presidenza della Lega (se dovesse lasciare il Milan dopo la cessione ai cinesi), dove in trent'anni ne ha vissute di tutti i colori. Nel 2009 le nuove regole hanno spinto i club di Serie A alla scissione dalla Lega di Serie B. Poi, mentre la torta da dividere aumentava (ora vale oltre un miliardo di euro a stagione), la conflittualità è esplosa fra le grandi e le medio-piccole del massimo campionato, come nell'estenuante trattativa dell'anno scorso, che dopo mesi ha prodotto un compromesso votato da 18 club, valido per una sola stagione: così, in base a classifica, bacino d'utenza e meriti sportivi la Juventus ha incassato oltre 100 milioni di euro, Milan e Inter oltre 80, Napoli e Roma circa 75, secondo l'intesa di febbraio, prorogata fino a oggi. Nel nuovo regolamento, del cosiddetto 'incrementale' da 25 milioni di euro che ogni anno allarga la torta, in base alla vendita dei diritti tv per il triennio 2015-18, il 40% va diviso in parti uguali fra i 20 club mentre il 60% - ed è questa la novità - verrà redistribuito alle squadre dal quarto al diciassettesimo posto. In questa quota finiranno anche i soldi non distribuiti del confermato 'paracadute' da 60 milioni di euro per le tre retrocesse (in base a certi criteri, il Verona ne ha ricevuti, 25, Carpi e Frosinone 10). Il discorso vale ad esempio per i 15 milioni di euro che il Verona incasserebbe solo se a maggio restasse in Serie B, visto che ha disputato in A tre degli ultimi quattro campionati prima di retrocedere. "E' un punto di equilibrio interessante. E' uno schema che dà certezze alle società per la stagione in corso e quella futura", la sintesi del presidente della Lega Serie A Maurizio Beretta, che sottolinea anche la delibera all'unanimità sulle linee guida per la vendita dei diritti tv del triennio 2018-2021 (lunedì saranno sottoposte ad Antitrust e Agcom, e il bando è atteso per la primavera). "Oggi non abbiamo fatto il referendum, hanno votato tutti sì, è incredibile, domani chissà", ha sorriso alla fine il presidente della Sampdoria Massimo Ferrero, consapevole che l'appuntamento referendario del 4 dicembre sarà più arduo: "Voto sì! E' facile dire sempre no, diciamo sì ogni tanto, cambiamolo questo Paese, cambiamo la costituzione non è una votazione contro il presidente del Consiglio".