Manovra, addio a Equitalia: ora c'è Agenzia di Riscossione, sulle multe rottamati gli interessi
ROMA. Un pezzo della manovra è arrivato, portando con sé l'addio ad Equitalia, la rottamazione delle cartelle e la voluntary disclosure bis. Il decreto fiscale approvato sabato scorso dal consiglio dei ministri che ha varato contemporaneamente anche la legge di bilancio è stato firmato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e approderà presto in Parlamento. A mancare è invece ancora il testo definitivo del ddl, per il quale bisognerà aspettare probabilmente - nonostante una certa sorpresa e delusione espresse dalla presidenza della Camera - i primi giorni della prossima settimana. Nei prossimi giorni è attesa anche l'annunciata lettera della Commissione Ue mentre con Bruxelles resta vivace il dibattito: "non siamo noi a dover essere redarguiti" ha ribadito oggi il premier Renzi. Depurato dalla flat tax al 35% sull'emersione dei contanti, il decreto fiscale è stato sbloccato dalla Ragioneria generale dello Stato. Il passaggio da Palazzo Chigi al Quirinale per la firma del capo dello Stato è stato quindi nel corso della giornata piuttosto rapido. La prima novità è proprio lo scioglimento di Equitalia, vero e proprio pallino di Matteo Renzi. La spa sparirà a partire dal primo luglio del prossimo anno per essere sostituita dalla nuova Agenzia delle Entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto alla vigilanza del Mef e presieduto dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, ma su cui avrà voce in capitolo anche la presidenza del Consiglio. Lo statuto verrà infatti approvato con decreto di Palazzo Chigi, su proposta del Mef. Un'anticipazione di fatto della riforma Madia - non ancora in vigore in maniera definitiva - che prevede un maggiore coinvolgimento della presidenza nella gestione delle Agenzie fiscali. Come annunciato arriva anche la rottamazione delle cartelle, Iva e multe comprese, evidentemente superati gli intoppi legati alla natura europea dell'imposta sul valore aggiunto e al rapporto con gli enti locali che gestiscono le sanzioni al codice della strada. L'operazione, da cui il governo punta ad incassare nel 2017 2 miliardi di euro, è stata finora al centro della polemica politica per la somiglianza ai condoni del passato. Accuse da sempre respinte dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e rimandate al mittente anche da Matteo Renzi. Nel decreto non c'è "condono, - puntualizza il premier - ma si dice che non si pagano gli interessi che sono stati aumentati talvolta al doppio o al triplo in modo scandaloso". In attesa dell'arrivo della manovra, c'è intanto già chi tra le fila di maggioranza e opposizione teme una rischiosa sovrapposizione dei provvedimenti in Parlamento. Anzi, secondo Renato Brunetta, la presenza di un decreto in Parlamento "che condiziona e assorbe in parte la legge bilancio crea un mostro giuridico e parlamentare senza precedenti". In realtà non è escluso che, come provvedimento già in vigore, il dl possa confluire sotto forma di emendamento nella legge di bilancio, procedura già sperimentata in altre occasioni in passato.