Venerdì 15 Novembre 2024

Istat: in un anno 439mila occupati in più in Italia. Renzi: "Il Jobs act funziona"

ROMA. La battuta d'arresto dell'economia italiana nel secondo trimestre non frena la creazione di posti di lavoro, ma a crescere - adesso - sono soprattutto i contratti a termine. "Nel secondo trimestre 2016 più 189 mila posti di lavoro. Da inizio nostro governo: più 585mila. Il #JobsAct funziona", scrive il premier, Matteo Renzi, su Twitter, rilanciando i dati del rapporto Istat 'Il mercato del lavoro'. L'istituto di statistica registra, in un anno, 439 mila occupati in più, 109 mila disoccupati in meno e un primo calo anche dei Neet, i ragazzi 'not in education, employment or training', che non studiano e non lavorano: sono 252 mila in meno rispetto al secondo trimestre 2015 ma rappresentano ancora il 22,3% dei giovani tra i 15 e i 29 anni. Tre anni fa, all'apice della crisi, erano il 25%. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, attribuisce questa riduzione dei Neet alle "opportunità prodotte dal programma Garanzia Giovani" e afferma che "prosegue il miglioramento della qualità del lavoro" con un aumento, nell'arco di dodici mesi, delle transizioni verso il lavoro a tempo indeterminato, in particolare per i dipendenti a termine e i collaboratori, e una crescita del flusso dalla disoccupazione verso l'occupazione. "Il Jobs Act funziona", conclude Poletti, facendo eco a Renzi. Le opposizioni non potrebbero essere in maggiore disaccordo. "Il Jobs Act è evaporato appena i costosi incentivi del Governo sono stati diminuiti", si legge sul blog di Beppe Grillo, che parla di "Italia in rovina" e lancia l'hashtag #Dilloalgiornalista per diffondere le notizie "passate in sordina" dalla stampa. Il blog indica, come esempio, l'aumento dei licenziamenti del 17,8% nel secondo trimestre rispetto al primo, comunicato nei giorni scorsi dal Ministero del Lavoro. Entra nella polemica anche la responsabile Comunicazione di Forza Italia, Deborah Bergamini, che cita i dati Istat relativi a luglio, quando gli occupati sono calati dello 0,3% rispetto a giugno, e afferma: "La tendenza positiva si è interrotta ma il Pd non se ne è ancora accorto o finge di non accorgersene". Anche dal fronte sindacale la Cgil, con Riccardo Sanna, giudica i dati sul secondo trimestre "rilevazioni già superate da quelle non positive di luglio" e afferma che "non esiste alcuna statistica che dimostri che il Jobs Act abbia funzionato", nonostante la spesa di oltre 6 miliardi di incentivi fiscali e contributivi nel 2015. Sulla stessa linea, il segretario confederale della Cisl Gigi Petteni concorda che "la riduzione dell'incentivo tra 2015 e 2016 ha fatto perdere appeal al contratto a tutele crescenti" mentre, per la Uil, Gugliemo Loy ritiene che il tema vero sia "la crescita bassa e insufficiente" perché "con un Pil quasi immobile è complicato aspettarsi una risalita significativa del tasso di occupazione". Da Confindustria, arriva, invece, un incoraggiamento al governo e il presidente, Vincenzo Boccia, invita l'esecutivo ad "andare avanti" su questa strada perché gli effetti positivi sul mercato del lavoro del Jobs Act non sono esauriti. Nuovi dati - di segno opposto - sono diffusi anche dal Tesoro e dall'Ocse. Il ministero dell'Economia indica un calo delle nuove partite Iva a luglio dell'8,4% rispetto all'anno precedente mentre l'Ocse sottolinea che, sempre a luglio, l'Italia vede il maggiore calo del tasso di disoccupazione nell'Eurozona dopo la Spagna. Il tasso italiano scende di 0,2 punti percentuali, fino all'11,4%, mentre a Madrid il ribasso è di 0,3 punti al 19,6%. In entrambi i Paesi la disoccupazione resta sopra la media dell'area dell'euro (10,1%). Tornando ai dati dell'Istat, risultano in crescita, nel secondo trimestre rispetto al primo tutte le tipologie di occupati ma, mentre l'aumento per i dipendenti a termine raggiunge il 3,2%, l'incremento si ferma allo 0,3% per quelli a tempo indeterminato. A livello territoriale, il Mezzogiorno batte il resto del paese per la crescita, con un +1,4% a fronte del +0,8% del Centro e del +0,6% del Nord. Il Sud risulta al primo posto anche nelle statistiche sulle esportazioni delle regioni, diffuse ancora dall'Istat. Nel primo semestre, a fronte di un andamento stazionario dell'export nazionale, il Sud segna infatti +11,1%, mentre il Nord-Est si ferma al +1,9% e nel Nord Ovest c'è un calo dell'1,6%. Al boom del Meridione, guidato dal +82,7% della Basilicata, si sottraggono le Isole, dove l'export si contrae del 23,1%.

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