ROMA. Erano 9 milioni nel 2012 e sono diventati 11 milioni nel 2016 gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a causa di difficoltà economiche. È quanto emerge dalla ricerca Censis-Rbm, presentata oggi in occasione del Welfare Day.
Sempre più persone quindi non riescono a finanziarsi le prestazioni di cui avrebbe bisogno. In particolare a soffrire il problema sono 2,4 milioni di anziani e 2,2 milioni di millennials, ovvero i nati tra gli anni '80 e il 2000. «L'universo della sanità negata tende a dilatarsi», tra «nuovi confini nell'accesso al pubblico e obbligo di fatto di comprare prestazioni sanitarie», spiega la ricerca Censis-Rbm Assicurazione Salute. Ma meno sanità vuol dire anche «meno salute per chi ha difficoltà economiche o comunque non riesce a pagare di tasca propria le prestazioni nel privato o in intramoenia».
Dall'indagine emerge anche che gli italiani ammettono di ricevere prestazioni inutili ma sono contrari a sanzionare i medici che le prescrivono. Sono 5,4 milioni i cittadini che nell'ultimo anno hanno ricevuto prescrizioni di farmaci, visite o accertamenti diagnostici che si sono rivelati inutili. Tuttavia, oltre il 51,3% si dichiara contrario a sanzionare i medici che fanno prescrizioni inutili.
Il decreto sull'appropriatezza, si legge, «incontra l'ostilità dei cittadini, che sostengono la piena autonomia decisionale del medico nello stabilire le terapie, anche come baluardo contro i tagli nel sistema pubblico». Riguardo, in generale, al decreto anti prescrizioni inutili, che fissa le condizioni che rendono una prestazione sanitaria necessaria e dunque pagabile con ticket invece che per intero, il 64% degli italiani è contrario. Di questi, il 50,7% perché ritiene che solo il medico può decidere se la prestazione è effettivamente necessaria e il 13,3% perché giudica che le leggi sono motivate solo dalla logica dei tagli.
Prevale quindi la sfiducia nelle reali finalità dell'operazione appropriatezza, interpretato dagli italiani come «uno strumento per accelerare i tagli alla sanità e per trasferire sui cittadini il costo delle prestazioni».
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