VENEZIA. Finalmente liberi: dal fisco, si intende. Da domani, infatti, ricorda la Cgia di Mestre, scocca il «tax freedom day» e dopo 5 mesi da inizio anno i contribuenti inizieranno a guadagnare per sè e le proprie famiglie. Grazie a un esercizio puramente teorico è stato misurato, sulla base della ricchezza prodotta e del carico fiscale presente nel nostro Paese, quanti giorni sono necessari ai contribuenti italiani per onorare tutte le scadenze fiscali.
L'elaborazione indica che per il 2016 sono stati necessari 154 giorni di lavoro; 3 in meno del 2015, ma 5 in più rispetto a 20 anni fa e 7 in più rispetto al 2006. Nel confronto con i principali Paesi europei, secondo i calcoli Cgia riferiti al 2015, i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 7 giugno, vale a dire 11 giorni in più della media Ue. Tra i nostri più diretti concorrenti solo la Francia ha registrato uno score peggiore (174 giorni), mentre in Germania il cosiddetto «tax freedom day» è scattato dopo 145 giorni (12 giorni in meno), in Olanda dopo 137 giorni, nel Regno Unito dopo 127 (30 giorni prima che in Italia) e in Spagna dopo 126 giorni.
L'Ufficio studi della Cgia ha preso in esame il Pil nazionale delle singole nazioni registrato nel 2015 con la nuova metodologia di calcolo adottata dall'Eurostat (Sec 2010) e lo ha suddiviso per i 365 giorni dell'anno, ottenendo così un dato medio giornaliero. Successivamente, ha considerato il gettito di contributi, imposte e tasse che i contribuenti europei hanno versato al proprio Paese e lo ha diviso per il Pil giornaliero. Il risultato di questa operazione ha consentito di calcolare il giorno di liberazione fiscale di ciascuna nazione presente nell'area dell'euro.
In Italia è possibile ridurre i giorni di lavoro necessari per pagare le tasse? «Con una spesa pubblica più contenuta potremmo ridurre anche le tasse - dichiara il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - ma questo risultato sarà possibile solo con una seria riforma di federalismo fiscale». Grazie ai costi e ai fabbisogni standard e ad una maggiore responsabilizzazione dei centri di spesa periferici, «i paesi federali presenti in Ue hanno dimostrato di avere una spesa pubblica più contenuta - conclude - un peso fiscale molto inferiore e una qualità e un livello di servizi offerti ai cittadini e alle imprese nettamente migliori dei nostri».
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