ROMA. I tavoli di lavoro sulla legge di stabilità sono già aperti. Incassato il via libera europeo alla flessibilità in deficit sia per quest'anno che per il prossimo, le ipotesi circolano, a partire da quella rilanciata da Matteo Renzi e ribadita anche dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, di ridurre il cuneo fiscale già dal prossimo anno. Il pallino del governo è quello di alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, passando magari per gli 80 euro ai pensionati, per il rinnovo, anche se ulteriormente contenuto, della decontribuzione per i nuovi assunti, o per l'ancora più popolare e atteso ritocco degli scaglioni Irpef. La decisione su cosa inserire in manovra - e su come farlo - verrà in realtà presa in autunno, probabilmente solo a ridosso della presentazione della legge di bilancio. Ma tra i componenti dell'esecutivo c'è già chi, insieme al premier, si spinge avanti. «In legge di stabilità - ha fatto sapere Poletti - valuteremo l'ipotesi di anticipare al 2017 un taglio strutturale del cuneo, in modo da rendere meno costoso il lavoro a tempo indeterminato». Una scelta per cui spingono peraltro anche Commissione Ue, Fondo monetario, Bankitalia ed persino Standard & Poor's. La prima opzione sarebbe dunque quella di anticipare l'operazione sull'Irpef, sostituendola o aggiungendola - risorse permettendo - a quella sull'Ires. Il taglio dell'imposta sul reddito di impresa è già a bilancio per 3 miliardi (coperta in teoria con le clausole di salvaguardia su Iva e accise). Una sforbiciata alle aliquote intermedie dell'Irpef costerebbe più o meno la stessa somma, ma bisognerà valutare se l'impatto di un piccolo aggiustamento sarà effettivamente visibile per i lavoratori. Mettere mano seriamente all'Irpef, riducendo per esempio da 5 a 2 aliquote, costerebbe del resto una cifra monstre, tra i 30 e i 40 miliardi. La seconda opzione sul tavolo, sponsorizzata tra gli altri dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, sarebbe quella di rinnovare invece anche nel 2017 la decontribuzione per i nuovi assunti, ma in forma ulteriormente ridotta rispetto alla riproposizione di quest'anno. L'ipotesi sarebbe quella di passare dal 40 al 20-25% nel 2017, per poi optare passare all'Irpef, come programmato, nel 2018. Anche in questo caso però, dovranno essere verificati gli effetti che gli sgravi in versione ridotta stanno avendo sul mercato del lavoro quest'anno, per valutare insomma se varrà la pena rinnovarli o meno. Più ravvicinato della manovra dovrebbe intanto essere l'appuntamento con la voluntary disclosure 'bis'. La riedizione del provvedimento sul rientro dei capitali potrebbe arrivare entro luglio o forse entro l'estate. Il progetto è in fase di discussione, ma anche in questo caso i termini dell'operazione sono ancora in esame. Maurizio Bernardo (Ap), presidente della Commissione Finanze della Camera, propone di «graduare le sanzioni commisurandole ai tempi con cui i contribuenti procederanno o hanno proceduto alla regolarizzazione ed escludere in maniera assoluta condoni e ipotesi di sanatorie di illeciti non fiscali». In un primo momento comunque, gli incassi - stimati a spanne tra 1 e 2 miliardi - non dovrebbero essere utilizzati per coprire misure della stabilità. Già lo scorso anno fu messo simbolicamente a bilancio un euro di introiti e le risorse sono state poi utilizzate in corso d'opera una volta ottenuta una previsione plausibile di gettito.