ROMA. «Il governo lavora da più di due anni a riforme strutturali del settore bancario. Il nostro lavoro è ispirato da una filosofia di fondo: favorire le aggregazioni. Ebbene, il processo deve andare avanti, perché in Italia ci sono ancora troppe banche». Così il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, in un'intervista in apertura di prima pagina della Stampa e Secolo XIX in cui assicura: «Il governo andrà avanti con privatizzazioni e tagli per ridurre il debito». «Sul debito continueremo a fare ciò che è necessario benché l'assenza di inflazione non aiuti. Stiamo privatizzando l'Enav, nell'ultimo Consiglio dei ministri abbiamo approvato il decreto propedeutico alla messa sul mercato di Ferrovie, resta l'ipotesi di vendere una nuova tranche di Poste e parte del patrimonio immobiliare», dice Padoan. Tra le priorità da qui all'estate, «il governo sta preparando un decreto che abbiamo chiamato 'Finanza per la crescità: un insieme di misure volte a rafforzare il finanziamento delle Pmi oltre il canale bancario. È già cominciato il lavoro sulla legge di Stabilità, stiamo cercando di creare le condizioni per rendere il bilancio pubblico più agile ed efficiente», spiega il ministro. «Grazie alla riforma della legge di Bilancio, che ha appena iniziato l'iter alla Camera, la revisione della spesa diventerà permanente. La riforma permetterà di 'aggredire' voci di spesa che fino ad oggi, una volta introdotte, sono date per acquisite. Sarà più facile riconsiderare le decisioni prese in passato». Tornando alle banche, e alla loro guida, «io rispetto l'autonomia del settore. Non sta a me dare indicazioni sulle decisioni che spettano agli azionisti: ciò che conta è che esse vengano prese avendo come unico obiettivo la sana e prudente gestione», dichiara Padoan. Guardando all'Europa e all'Unione bancaria, «noi siamo favorevoli ad un meccanismo di garanzia comune, la Germania no. Noi siamo contrari a introdurre vincoli per l'esposizione delle banche ai debiti sovrani, loro sono a favore. Normale dialettica». Sul caso greco, «sono d'accordo con la Germania sull'ipotesi di un taglio nominale: se prendessimo una decisione del genere, si ripercuoterebbe su tutti i contribuenti europei», commenta il ministro.