PALERMO. L’approvazione della riforma delle Province, la terza versione in due anni, non ha evitato lo scontro con lo Stato. Il governo nazionale ha comunicato oggi che non rinuncerà a impugnare la riforma. Vicenda complicata. Tecnicamente lo Stato ha già impugnato l’estate scorsa la legge siciliana (approvata a luglio) che ha soppresso le Province per dar vita a Liberi Consorzi di Comuni e città metropolitane. Ma quella impugnativa, nei piani di Crocetta, era destinata a cadere nel vuoto, sterilizzata da una nuova legge varata un mese fa. In quel nuovo provvedimento venivano accolte tutte le obiezioni sollevate in estate sulla riforma siciliana, che tante (costose) diversità aveva in cantiere rispetto alle regole nazionali. La nuova riforma ha cancellato queste diversità, tranne una: in Sicilia non è automatico che il sindaco della città capoluogo diventi il presidente della città metropolitana. Serve una elezione dai meccanismi molto contorti. A livello nazionale invece il presidente della città metropolitana non viene eletto: è automaticamente il sindaco della città capoluogo. Per questa «eccezione» Roma ha comunicato che non ritirerà il ricorso alla Consulta contro la riforma siciliana: lo ha confermato per iscritto a Crocetta il sottosegretario per gli Affari regionali Gianclaudio Bressa. Nella lettera il governo nazionale precisa che il permanere di questa diversità di regole «non permette la rinuncia alla impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale presentata dal governo sulla legge della Regione Sicilia». Ora Crocetta dovrà decidere come reagire. “Non mi meraviglia l’ulteriore e scontata impugnativa del Governo nazionale sulla disciplina delle Città metropolitane. Come avevo già evidenziato in Aula, durante l’esame del disegno di legge, non si è percepita l’importanza della norma, anzi si è insistito, per ben due volte, a non allinearci ai Paesi europei e al resto d’Italia”. Lo afferma il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone. “Martedì – continua - convocherò la conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari per decidere quando l’Aula possa occuparsi della modifica della norma che, indipendentemente dal volere del Governo regionale, questa volta dovrà essere coerente con il quadro normativo nazionale ed europeo. E’ ormai chiaro ed evidente, comunque, che d’ora in avanti che i rapporti con il Governo nazionale non potranno più essere lasciati alla discrezionalità del governo regionale”.