CATANIA. In Sicilia, negli ultimi sei anni, sono andati persi oltre 100 mila posti di lavoro nel settore edile e nello stesso 13 mila imprese sono state costrette a chiudere. È il «quadro drammatico» fatto dal segretario della Uil Sicilia, Claudio Barone, «dovuto non soltanto alla crisi, ma anche allo scarso utilizzo dei fondi europei e ad una normativa confusa che alimenta il contenzioso». «Il settore dell' edilizia, il più importante dal punto di vista occupazionale in Sicilia - spiega Barone in un'intervista al Giornale di Sicilia - ha più che dimezzato i lavoratori, soprattutto per il crollo degli appalti pubblici. Negli ultimi sei anni sono andati persi 100 mila posti di lavoro e 13 mila imprese sono state costrette a chiudere. Nel 2015 sono state bandite gare per opere pubbliche per 275 milioni, il 22,64% in meno rispetto al 2014. Tutto ciò perchè non si è riusciti a utilizzare le risorse europee, per la carenza di progetti, le lungaggini burocratiche nell' indizione delle gare. Si aggiunge un quadro normativo contraddittorio e confuso che ha alimentato continui contenziosi che bloccano i lavori degli appalti aggiudicati». Per il segretario della Uil Sicilia «a peggiorare il quadro, come rileva la magistratura, la pesante connivenza col malaffare che ha riguardato anche colossi come la Tecnis». Contro le 'disuguaglianzè nel lavoro il sindacato propone «l'istituzione di un unico contratto di cantiere» che per la Uil è «indispensabile, visto che la situazione nel settore si è aggravata con l' arrivo dei voucher: 'gratta e vinci da 10 eurò - li ritiene il segretario della Uil Sicilia - che sono utilizzati, infatti, per sanare posizioni non dichiarate. Niente contratti, niente versamenti alla cassa edile, niente Durc: insomma - chiosa Barone -uno strumento perfetto per coprire il lavoro nero».